Economia

“Parigi val bene una messa”

La Francia e i francesi hanno da sempre un feeling particolare con le piazze e le proteste. E così dopo un intenso incontro con i gilets jaunes, le istituzioni della repubblica francese si trovano costrette ad allacciare nuovamente i guantoni ed alzare la guardia contro nuovi attacchi alla politica del Presidente Emmanuel Macron, e del primo ministro Eduard Philipe.

Quali sono i fattori trainanti delle nuove proteste

Dal 5 dicembre le strade di Parigi e di altre città francesi sono occupate da centinaia di migliaia di lavoratori in protesta contro la nuova proposta di riforma del sistema pensionistico. La durata di questi scioperi non ha eguali nella recente storia francese e per trovare un precedente all’altezza bisogna risalire al 1965. Buona parte dei sindacati, nonostante le carenze organizzative, guidano questi nuovi moti di protesta contro le azioni di governo del Presidente francese. Ma non tutti. La Confederazione Democratica Generale del Lavoro, un’associazione composta principalmente da lavoratori del settore privato che, ad esempio, supporta la manovra e, soprattutto in seguito alle recenti concessioni del governo, ha scelto di non prendere parte alle proteste. Gli scioperi riguardano principalmente i dipendenti del settore pubblico, in particolare gli impiegati nel settore dei trasposti locali, gettando quindi numerose città nel disagio.

Una manovra indispensabile

Il sistema pensionistico francese è sempre stato, e per il momento continua ad esserlo, uno dei meccanismi di previdenza sociale più generosi tra le economie sviluppate. Dati OCSE riportano infatti che il suo costo in termini di percentuali della spesa pubblica è più basso soltanto di quanto speso da Grecia e Italia.

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La volontà del Presidente Macron di riformare questo regime, inoltre, non arriva di certo come un fulmine a ciel sereno. L’inquilino dell’Eliseo, infatti, esprime sin dalla sua candidatura la necessità di rimediare ad un sistema pensionistico eccessivamente gravoso sui conti pubblici. Ai ragionamenti di natura puramente economica, si unisce la crisi demografica, che sta colpendo buona parte delle economie sviluppate, la quale si manifesta con un notevole incremento dell’aspettativa di vita (bene), ma con tassi di natalità ben inferiori a quelli di equilibrio (male). Una crisi alla quale neanche la Francia, nonostante i suoi moderni ed evoluti meccanismi di supporto alla natalità, è riuscita a risolvere. È quindi in questo quadro generale che si inserisce l’iniziativa dell’esecutivo francese per riequilibrare un rapporto entrate uscite al momento in passivo di circa 19 miliardi.

In cosa consiste questa riforma?

Il nuovo sistema proposto dall’esecutivo transalpino si sviluppa su tre differenti piani.

In primo luogo, l’intento è quello di rendere il sistema più omogeneo ed equo, istituendo una nuova “Cassa nazionale universale delle pensioni” che vada a sostituire i numerosi fondi esistenti. Al momento infatti in Francia sono in vigore 42 diversi sistemi pensionistici ed una solida maggioranza dei lavoratori francesi rientra in più di un sistema.

Il secondo piano della riforma è quello di mettere in funzione un sistema per punti accumulabili durante tutta la carriera lavorativa e su base giornaliera. Questo nuovo regime sostituirebbe l’attuale, basato su contributi trimestrali e salari di riferimento, (25 migliori anni per il privato, ultimi 6 mesi per il pubblico) diventando il sistema di funzionamento della nuova Cassa.  

In ultima istanza, la riforma intende disporre di un meccanismo di incentivi per il prolungamento delle carriere lavorative, basato sull’aumento dell’età di riferimento per il pensionamento. Quest’ultima, definita “âge d’équilibre”, aumenterebbe da 62 a 64 anni e offrirebbe al futuro pensionato un incremento (o diminuzione) del 5% del contributo per ogni anno in più (o in meno) di lavoro rispetto all’età di equilibrio. 

La riforma, inoltre, prevede un sistema di adeguamento del contributo al reddito minimo nazionale (Smic) e ulteriori bonus legati al numero di figli o ad eventuali dipartite di uno dei coniugi.

La matassa più ingarbugliata era l’età di pensionamento sulla quale i sindacati e i manifestanti hanno infatti registrato un’importante vittoria, ottenendo da parte del governo la promessa di rimozione della norma e le dimissioni dell’architetto della riforma Jean-Paul Delevoye (Alto Commissario per le pensioni). Toccherà quindi ad un tavolo di esperti trovare una nuova formula che possa far raggiungere gli stessi benefici fiscali.

La salute della democrazia francese

Dopo i gilets jaunes quindi, anche i lavoratori manifestanti hanno costretto il Presidente Macron a dover fare un passo indietro su un pilastro portante di un progetto di riforma in cantiere sin dalla sua elezione il quale, come detto, ha trovato comunque il supporto di parte della forza lavoro. Ma si sa, Parigi val bene una messa.

Le manifestazioni di piazza sono una caratteristica fondamentale dei sistemi democratici, ma i dati su questa tipologia di iniziative fanno sorgere qualche dubbio sullo stato di salute delle istituzioni democratiche francesi. L’istituto francese di statistica Dares riposta che il numero di giorni di lavoro persi per sciopero ogni mille lavoratori è passato da 69 nel 2014 a 300 nel 2017.

Per la seconda volta nella sua storia, la prima fu nel ’68, la Quinta Repubblica e le sue istituzioni si trovano quindi a dover affrontare una profonda fase di crisi interna.

L’inasprimento del conflitto sociale ai piedi della Tour Eiffel è testimoniato anche da GeoQuant, un’agenzia indipendente di analisi di rischio politico la quale ha recentemente riportato che non solo l’attuale livello di tensione all’interno della società francese sia più alto rispetto ai livelli medi del decennio, ma che quest’ultimo sia anche destinato ad aumentare. Alla base di tale previsione risiede la convinzione che la riforma, anche se in una versione più morbida rispetto a quanto pianificato e nonostante le manifestazioni, verrà approvata.

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