Digital

La battaglia per la regolamentazione di internet

“What do we want the internet to be? Which values should prevail and who can advocate for those values?”

Come vogliamo che sia Internet nel 2020? Nick Clegg, Vice-Presidente degli Affari Globali e della Comunicazione di Facebook e Vice di David Cameron dal 2010 al 2015, inizia con queste domande  il suo intervento riguardo la regolamentazione di internet, presso la LUISS Guido Carli, sottolineando come i singoli users siano indispensabili e fondamentali alla trasformazione di internet. 
Nel pieno della rivoluzione tecnologica, si sono sviluppati i primi problemi di cui lo scandalo Cambridge Analytica ha rappresentato l’apice: l’euforia iniziale ha lasciato spazio ad una fase caratterizzata da scetticismo e sospetto nei confronti della tecnologia. Le menti ai vertici di governi e aziende multimiliardarie come Facebook stanno cercando di trovare dei punti di contatto per gestire l’enorme mondo a-spaziale di internet. Gestire un colosso del genere richiede tempo e sforzi, proprio per questo Facebook nell’ultimo anno ha assunto moltissime persone per tutelare al meglio la privacy degli utenti e i loro dati tanto più per diminuire il carico di fake news (crollato del 50% dal 2016). 

Ormai, internet è diventato indispensabile e sarebbe impensabile vivere senza questo supporto: ogni persona ha un quantitativo enorme di informazioni personali su ogni tipo di social e per questo si è creato un impellente bisogno di gestire e tutelare questi dati nel miglior modo possibile. C’è bisogno, dunque, di regole per gestire l’anarchia di internet: fin dalla sua nascita, infatti, è sempre stato uno spazio transnazionale e sovranazionale, a portata di tutti, in qualsiasi posto del globo in cui tutti potevano dire e fare ciò che volevano. 

Zuckerberg, CEO e creatore di Facebook, sta cercando di creare dei legami con tra altre aziende, come Google e Microsoft, e i governi. I policymakers devono impegnarsi per creare un “digital single market”, sostenuto da una legislazione globale che si basi su valori sani e giusti. I social media hanno ormai assunto un ruolo fondamentale in politica e economia: le statistiche dicono che le compagnie che utilizzano i social, in particolare Facebook e le sue app, hanno maggiori export e riescono a raggiungere mercati che altrimenti non avrebbero potuto raggiungere. I big data sono necessari per il successo di un’azienda o di un esponente politico ed è per questo motivo che  il loro potenziale dovrebbe essere salvaguardato. 
Proprio di regolamentazione ne abbiamo parlato con Laura Bononcini, Responsabile rapporti istituzionali e degli affari regolamentari di Facebook in Italia. Oltre alle attività di advocacy caratteristiche del suo ruolo, collabora con istituzioni, associazioni ed esperti per lo sviluppo di progetti sul territorio basati sull’utilizzo positivo di Internet e di Facebook a favore della società e dell’economia italiana.

Internet è stato da sempre definito da molti come uno spazio anarchico senza regole, dove ognuno poteva dire e fare ciò che voleva. È possibile, secondo lei, creare una legislazione globale? Andando oltre il concetto di anarchia?

Noi pensiamo che sia possibile e in realtà necessario. Inizialmente il fatto che ci fossero poche regole ha consentito a internet di crescere e farlo diventare quello che è, ovvero una grandissima opportunità. Oggi ci troviamo come piattaforma Facebook ad affrontare decisioni molto difficili su quali contenuti dovrebbero o non dovrebbero stare sulla nostra piattaforma. Quindi, come ha ribadito lo stesso Clegg, occorre che ci siano regole. Queste regole più saranno globali e meglio è, per la natura stessa di internet, perlomeno a livello europeo. L’Europa è molto forte nella definizione di regole, dettando uno standard globale sul tema della privacy ad esempio, ed è fondamentale che queste regole possano arrivare anche in altri ambiti. Quello che però è importante è che queste regole trovino il giusto equilibrio tra libertà di espressione e tutela della sicurezza e che siano anche adatte all’ambito che vanno a regolamentare. Infatti, è importante ricordarsi che una piattaforma come Facebook non è un giornale e quindi non produce i contenuti che sono sulla sua piattaforma, quindi richiede una tipologia di controlli diversi. Quindi regole adatte al mezzo ma regole assolutamente necessarie. 

Ricollegandomi a questo concetto, anche ripreso da Nick Clegg nel suo intervento, ovvero al fatto che Facebook mostra i contenuti degli utenti, non li crea, è quindi possibile che in futuro Facebook cambi qualitativamente in relazione alla politica? Questo perché il giudizio politico è stato molto influenzato da Facebook e da quello che viene poi espresso dagli utenti. Ci sarà qualcosa che andrà a cambiare?

Voi dovete pensare a Facebook come vita reale, quello che è ed è diventato è quello che ne hanno fatto le persone e quindi cambierà come cambierà la nostra società.

Dopo lo scandalo Cambridge Analytica cosa si è fatto concretamente in tema di privacy e di tutela degli users?

Moltissime cose. Innanzitutto abbiamo fatto in modo che tutti gli strumenti per la tutela della privacy fossero più accessibili e molto più visibili. Abbiamo limitato molto il numero di informazioni che automaticamente un’applicazione può raccogliere quando un utente decide di registrarsi. La tipologia di dati che l’utente condivide di base sono veramente poche. Abbiamo creato programmi in cui incoraggiamo gli utenti a identificare applicazioni che potenzialmente potrebbero violare le nostre policy rubando dati. Abbiamo creato un processo attraverso il quale le applicazioni che già erano registrate e quelle nuove devono passare per una nostra applicazione che mette in atto  un controllo per evitare che ci siano violazioni. Inoltre abbiamo fatto in modo qualora questa applicazione non venga utilizzata dall’utente per tre mesi i relativi dati verranno automaticamente cancellati.
La battaglia per l’anima di internet è dunque reale e seria e va combattuta con regole e criteri. 

Di Chiara Lavatori e Fiammetta del Mancino.

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