Sostenibilità

Intervista a Valeria Torta – Sensibilizzazione, SDGs e il progetto Mens Sana

Si conclude la settimana tematica di AWARE con un’intervista a Valeria Torta, nome già presente negli articoli precedenti, promotrice del progetto Mens Sana de L’AsSociata ed in prima linea sul tema della sostenibilità alimentare. Grazie alle conoscenze acquisite negli ultimi anni di ricerca sul tema della sostenibilità alimentare ci parlerà dell’importanza della sensibilizzazione su un argomento vitale nelle nostre vite, del legame tra alimentazione ed SDGs e infine delle aspettative sul progetto Mens Sana.

Quanto la sensibilizzazione sul tema della sostenibilità alimentare è importante per permettere una presa di coscienza maggiore sul tema e quali sarebbero gli strumenti e le azioni più adatte?

Discutere di sostenibilità alimentare comporta dover affrontare problematiche cruciali della società contemporanea: la malnutrizione, gli sprechi e i rifiuti alimentari, i problemi di obesità dovuti ad un consumo eccessivo, la presenza di filiere di produzione e fornitura più o meno sostenibili. Per affrontare temi di questa portata bisogna immaginare una duplice strategia che preveda piani d’azione da implementare a livello internazionale e nazionale e permetta allo stesso tempo la diffusione di buone pratiche e strumenti da poter adottare nella vita di tutti i giorni. È proprio a metà tra i due percorsi che si situa il contatto diretto tra cittadino ed istituzioni, il punto esatto in cui la sensibilizzazione al tema della sostenibilità alimentare prende forma e diventa azione. La sensibilizzazione è il veicolo fondamentale per favorire la diffusione generalizzata di comportamenti più sostenibili; a partire da iniziative ministeriali o campagne promosse dai governi nazionali in collaborazione con agenzie specializzate. Successivamente bisogna considerare tutte quelle organizzazioni, associazioni, hub e enti di altro tipo che contribuiscono, in maniera incisiva, alla divulgazione di ricerche, dati e materiali informativi. 

Gli esempi virtuosi sono tantissimi. Recentemente mi sono imbattuta nel progetto Nevera solidaria, realizzato in diverse città spagnole e che significa letteralmente “Frigorifero solidario”. L’iniziativa si regge sulla creazione di un network di persone che decidono di mettere a disposizione dei frigoriferi in diverse zone delle città. Il frigorifero può essere riempito da chiunque voglia contribuire al progetto in modo tale da permettere agli indigenti di accedere in maniera semplice e sicura ad alimenti di vario tipo, nel chiaro rispetto delle norme igienico-sanitarie.  

Si trovano poi i progetti finanziati dai fondi europei come Central Europe STREFOWA del fondo europeo interregionale, a cui partecipano dieci città provenienti da Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Italia e Polonia. STREFOWA è volta a migliorare la prevenzione dello spreco alimentare nelle città selezionate, fornendo un vademecum delle buone pratiche per arginare il fenomeno dello spreco di cibo ma anche per sfruttare gli scarti alimentari il più possibile. Nella costruzione di una società più sostenibile, l’educazione alimentare gioca un ruolo primario; ai bambini bisogna insegnare il valore del cibo ed è fondamentale abituarli sin da subito ad un’ampia varietà di cibi e all’idea di un consumo consapevole ed equilibrato del cibo. Insomma, le strade da percorrere sono molteplici, ciò che serve è una maggiore consapevolezza individuale rispetto al consumo alimentare e la volontà, da parte delle istituzioni competenti, di fornire gli strumenti idonei a sovvenzionare programmi e progetti.

Abbiamo fino ad ora parlato di sostenibilità alimentare, ma in che modo l’alimentazione e il cibo in generale si legano al tema della sostenibilità arrivando ad essere inseriti tra i 17 SDGs?

Il modo in cui mangiamo influenza direttamente l’ecosistema in cui viviamo e spesso la maggior parte di noi non è neppure a conoscenza delle conseguenze che potrebbero derivare da scelte alimentari sbagliate. La decisione di inserire temi quali l’alimentazione e la sostenibilità alimentare all’interno dell’Agenda 2030 nasce proprio dalla volontà di affrontare le problematiche connesse alle disfunzionalità tipiche del sistema agroalimentare. Ritroviamo questi temi all’interno di diversi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Primo fra tutti l’obiettivo numero 2, volto a porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. Ritroviamo questioni cruciali come la gestione delle filiere produttive all’interno dell’obiettivo 12 che mira a garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo, sia a livello nazionale che internazionale. A seguire vi sono gli obiettivi 13, 14 e 15, rispettivamente lotta al cambiamento climatico, preservazione degli oceani e della vita sottomarina e, infine, protezione dell’ecosistema terrestre. Se non siamo ancora convinti che sia necessario ripensare gli attuali schemi di produzione e consumo alla luce del peggioramento delle condizioni di salute di gran parte della popolazione mondiale, ci basti pensare che 821 milioni di persone al mondo soffrono la fame mentre 2,1 miliardi di individui sono sovrappeso o soffrono di obesità, è decisamente un paradosso. Gli obiettivi 11 (rendere gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili) e 12 ci permettono di inquadrare questioni come la sicurezza alimentare e la nutrizione in un contesto specificatamente locale, fornendo una riflessione accurata sulle sfide presenti e future delle aree urbane come l’uso eccessivo di acqua al quale si affianca il consumo smodato di cibo e il conseguente aumento degli sprechi e degli avanzi alimentari. Senza considerare che il sistema alimentare richiede un ingente consumo di energia (il 30% del totale mondiale) ma soprattutto genera un’enorme quantità di emissioni di gas serra. 

Insomma, in qualità di consumatori finali, tocca anche a noi assecondare un consumo più equo e sostenibile che disincentivi una produzione intensiva, garantendo l’approvvigionamento di risorse a quei paesi dove la denutrizione è una delle principali cause di morte. L’idea è quella di sostenere una duplice strategia: da una parte sarà fondamentale garantire ai più poveri un accesso sicuro e costante ad un’alimentazione salutare, ponendo fine, entro il 2030, a qualsiasi forma di malnutrizione; dall’altra sarà necessario sviluppare modelli di consumo sostenibile per le comunità locali dei paesi industrializzati e supportare – anche attraverso finanziamenti specifici – i paesi in via di sviluppo nel consolidamento di nuove tecnologie che permettano la costruzione di un sistema alimentare sostenibile.

Per concludere chiedo alla nostra intervistata, e promotrice del progetto Mens Sana, che cosa il progetto rappresenti per lei e dove spera che questo possa arrivare.

Mens Sana è una sfida al modo in cui siamo abituati a vedere il cibo. Noi della generazione Z, diventati prigionieri della necessità di ostentare di fronte al resto del mondo ciò che mangiamo attraverso una storia Instagram, ci siamo incastrati nella logiche di un consumo superficiale e sfrenato e abbiamo isolato il pensiero, mangiando a cervello vuoto invece che a stomaco vuoto.

Il nome dell’iniziativa vuole apertamente richiamare l’idea, per l’appunto, di una mensa sana, che sostenga il sistema agroalimentare locale e che contribuisca a contrastare l’inquinamento ambientale. Ma Mens Sana si pone soprattutto l’obiettivo di promuovere l’idea che nutrire la propria mente sia importante tanto quanto nutrire il proprio corpo. Ragion per cui il progetto vuole rappresentare anche un medium attraverso il quale spiegare, senza indugi e giri di parole, ogni aspetto del mondo agroalimentare.

Mens Sana può avere un impatto significativo sulla comunità che gravita intorno al mondo universitario e sul sistema agroalimentare del territorio regionale e nazionale. Quello che mi auguro più di ogni altra cosa è che un numero sempre più cospicuo di studenti possa comprendere che fare del proprio meglio, anche nel loro piccolo, può contribuire davvero a costruire una società più sostenibile. E magari chissà, fra qualche anno vedremo nascere una Mens Sana in ogni università italiana, dimostrando che anche l’Italia, con impegno e dedizione, può rappresentare un modello d’eccellenza per la comunità europea ed internazionale