Sostenibilità

Il business dell’alimentazione sostenibile

Nei precedenti articoli della settimana tematica di AWARE abbiamo avuto modo di analizzare l’impatto sociale e ambientale che l’alimentazione sostenibile è in grado di generare nel lungo periodo. Oggi invece, ci soffermiamo sull’aspetto economico che il nuovo modello di alimentazione sta sviluppando e svilupperà in futuro. 

Startup al servizio dell’alimentazione sostenibile

Molte sono le realtà che stanno nascendo in tutto il mondo per accompagnare questo processo di cambiamento delle abitudini alimentari, cambiamento che parte dalla fase di approvvigionamento per la produzione per arrivare al prodotto finito. L’obiettivo di queste aziende va dall’individuazione di materiale sostitutivo della plastica per quanto concerne il confezionamento, alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, fino a cercare di estinguere la fame nel mondo, obiettivi che vengono fissati nell’Agenda 2030 dell’ONU.

Il paese con il più alto numero di startup orientate alla sostenibilità alimentare è Israele che conta 20 aziende, a seguire l’Italia con 14 aziende e la Spagna con 12. Il vero problema, tutto italiano, riguarda però i finanziamenti che vengono erogati. Andando ad analizzare i finanziamenti raccolti da startup italiane ci accorgiamo come essi siano lontanissimi dai finanziamenti ottenuti dal resto delle startup mondiali. Il 62% di esse, a livello globale, ha ricevuto almeno un finanziamento, raccogliendo complessivamente un miliardo di dollari, vale a dire 2.4 milioni di dollari per ognuna .

Le italiane? Il finanziamento medio di una startup italiana si aggira sui 300 mila euro e da questi numeri si intuisce, senza troppe difficoltà, quale sia il divario tra Italia e resto del mondo sviluppato. 

La Beyond Meat come esempio di successo

Finora, il caso più importante nell’ambito di sostenibilità ambientale è rappresentato dalla Beyond Meat. La startup nata in California si è posta l’obiettivo di creare hamburger a base di piselli, conferendogli però il sapore della carne. Andando ad analizzare il successo che ha ottenuto, sembra ci sia riuscita. La Beyond Meat a maggio si è addirittura quotata con un prezzo per azione pari a 25 dollari, e a distanza di 2 mesi le azioni solo letteralmente balzate, raggiungendo quota 200 dollari, per un rendimento pari al 620% del capitale investito. Tra gli investitori più rilevanti spiccano Leonardo Di Caprio e Bill Gates. Coloro che hanno assaggiato hamburger a base di piselli si sono detti “clamorosamente sorpresi” nel momento in cui hanno scoperto che quella non fosse carne, ma composta al 100% da cibo vegetale. 

La società sta puntando anche il mercato europeo, con l’obiettivo di raggiungere la commercializzazione dei propri prodotti in 50 paesi nel giro dei prossimi 6 mesi. 

Importanti saranno anche le partnership con grandi catene di fast food, come quella eseguita in via sperimentale nei 59 punti Burger King di St. Louis per un mese. L’obiettivo è stato un +18,5% di acquisti? di clientela? rispetto agli altri Burger King del paese. 

Roma come reagisce al cambiamento? 

Dopo questa immersione nell’incredibile realtà americana è ora di rimettere piede sulla terra ferma. Roma.

Come ha intenzione di accogliere la sfida dell’alimentazione sostenibile la Capitale d’Italia? La distanza tra Roma e St. Louis è sicuramente tanta, ma la distanza tra una Roma sostenibile e St. Louis sostenibile è ancora di più.
Il problema dell’alimentazione si sente anche in Campidoglio ma con soluzioni che guardano al passato piuttosto che analizzare in modo futuristico un effettivo cambiamento da porre in atto. Si è infatti tornati all’affidamento di terreni pubblici a giovani agricoltori con l’obiettivo di aumentare la produzione di cibo a km 0, senza l’uso di insetticidi. Sono moltiplicati i mercati contadini, i cosiddetti “Farmers Market”. Sul territorio romano ogni settimana ci sono 33 mercati contadini, con l’idea di eliminare l’intermediazione tra produttore e consumatore fornendo cibo locale e di qualità, provando a rinsaldare quindi un legame tra città e campagna che va progressivamente sfilacciandosi. 

Conclusioni 

Il quadro che emerge, denota come la strada per il perseguimento di un efficiente sostenibilità alimentare passi inevitabilmente attraverso ingenti investimenti privati. Comuni, regioni e più in generale lo Stato, non sono in grado di apportare inventiva e trattare l’argomento in un’ottica completamente innovativa rispetto a come è stata vista finora. Per queste ragioni, il compito degli stati si arresta alla legislazione regolatoria. Un ruolo più attivo da parte dei governi potrebbe riguardare l’attivazione di incentivi per imprese o consumatori finali che preferiscono un’alimentazione più attenta all’ambiente rispetto a quella odierna. Va detto però che questa appare più una speranza/suggerimento più che un reale obiettivo raggiungibile a breve termine.

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