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Illusioni e dipendenze in un mondo iperconnesso

Questo articolo è frutto della mia esperienza personale. Fin da giovanissimo mi sono immerso nel mondo dei computer e Internet, senza avere una guida. Mettendo a confronto realtà e virtualità, ho realizzato che il progresso tecnologico può portare a illusioni e dipendenze, che devono essere comprese e gestite.

Scegliere consapevolmente

Viviamo nella società dell’informazione, un mondo così denso di dati che ci fa sentire sovrastati dalla quantità di conoscenza che è possibile apprendere.

Uno dei maggiori successi di Internet è disporre di una biblioteca digitale in pochi istanti: se poniamo una domanda a Google, otteniamo decine di milioni di risultati in meno di un secondo. Siamo invasi da conoscenza, ma abbiamo difficoltà nel capire quali informazioni sono più attinenti o vere e soprattutto quali informazioni ci danno una reale comprensione sull’argomento che stiamo cercando.

Gli algoritmi di ricerca non sono costruiti per offrire una conoscenza profonda, ma sono realizzati secondo criteri di affinità, offrendoci quindi una conoscenza indotta. La vera conoscenza, quella che possiamo trasmettere e che costituisce il nostro personale bagaglio culturale è quella ottenuta con deduzione a seguito di numerose sperimentazioni.

L’iperconnettività in questo senso ci toglie il senso del valore, l’esperienza per raggiungere un preciso obiettivo.

Apprendiamo informazioni quando viaggiamo, scopriamo dettagli quando impieghiamo tempo. L’ansia di avere tutto e subito non ci consente di essere critici verso il mondo, ci dà l’illusione di poter scegliere.

Confrontare e analizzare le fonti può essere un lavoro dispendioso, ma ci permette di avere una comprensione profonda e trasmettere questa conoscenza correttamente. La facilità  nell’accesso alle informazioni ci dovrebbe spingere a pensare fuori dagli schemi e approfondire tutto quello che troviamo online.

Fare multitasking

In un mondo così iperconnesso una scelta tipica è quella di fare più cose insieme mentre siamo in attesa. Mentre facciamo la fila alle poste, in banca e – purtroppo – persino nel traffico riusciamo ad inviare messaggi, rispondere alle mail, telefonare e controllare i social network.

Possiamo leggere un libro mentre chattiamo con i nostri amici o scaricare app mentre rispondiamo ad una mail di lavoro e parliamo al telefono con un cliente. Decisamente un successo! In realtà il multitasking  è un’altra illusione creata dalla possibilità di fare tante cose contemporaneamente.

Inizialmente neanche i computer potevano fare multitasking. Oggi, i computer, e dunque anche gli smartphone passano molto velocemente da un’attività all’altra e hanno la possibilità di salvare lo stato dell’attività appena completata disponendo di una memoria perfetta. Questa memoria perfetta noi non la possediamo.

Sicuramente siamo intelligenti, ma dobbiamo esserlo ancora di più per capire che il multitasking umano non esiste. Quando pensiamo di fare una cosa contemporaneamente il nostro cervello consuma energia nel continuo cambio di attività. Così come consumiamo zuccheri mentre ci alleniamo, il nostro cervello consuma sostanze neurochimiche come il glucosio ossigenato.

Quando cambiamo mansione queste sostanze vengono consumate e ci sentiamo stanchi quando non abbiamo più a disposizione tali nutrienti. Dopo 3 ore in cui abbiamo risposto a mail, prenotato un volo, confrontato tutti gli hotel, studiato, letto un libro, ascoltato musica, portato il cane a passeggio, chiamato gli amici, ci sentiamo stanchi. Alcune volte, abbiamo la sensazione di non aver concluso nulla.

Per capire al meglio cosa si intende per cambio di contesto uso un esempio di un tipico lavoro che richiede di spostare continuamente l’attenzione da un contesto a un altro.  I controllori del traffico aereo devono essere continuamente concentrati su diversi voli di linea. Ogni volta che un aereo decolla, atterra o cambia quota gli esperti cambiano contesto. Per questo motivo ogni ora di lavoro i controllori sono obbligati a fare 15 minuti di pausa.

Il controllo del tempo, in questo senso, è fondamentale: avere una gestione accurata del proprio tempo sostituisce la sensazione di stanchezza a quella di appagamento.

Memorizzare informazioni

Ci sentiamo stanchi non solo perché cambiamo continuamente attività ma anche per una carenza di sonno, causata da un’errata comunicazione ai ricettori sensoriali della quantità di luce presente nell’ambiente. La luce blu per millenni è stata sempre luce naturale, quella del sole.      

Nell’ultimo secolo, con il proliferare di schermi piccoli o grandi che siano, questa luce è diventata anche artificiale. Quando è buio nel nostro sangue circola melatonina, un ormone che viene rilasciato dalla ghiandola pineale in assenza di luminosità. Se prima di andare a dormire controlliamo i social al cellulare, il nostro cervello crede che sia giorno e perciò non riusciamo a dormire, continuiamo ad essere stanchi, nervosi e ad avere atteggiamenti impulsivi anche il giorno dopo.

Tutta questa stanchezza digitale porta anche ad un’altra problematica, l’amnesia digitale. Tendiamo a delegare ad un dispositivo molta della nostra vita, a farci ricordare gli appuntamenti, memorizzare numeri, date, anniversari e anche quando dare da mangiare ai nostri animali domestici.

Abbiamo perso il senso dell’orientamento, non sappiamo dove cercare il bar più vicino, ci risulta difficile parlare con un passante per chiedere dove si trova la fermata più vicina dei mezzi pubblici, o guidare senza navigatore nonostante i preziosi suggerimenti sulle indicazioni del traffico.

Interagire online

In un mondo iperconnesso, abbiamo perso la socialità?

Gli uomini sono programmati per avere interazioni sociali. Senza interazioni sociali viene meno la sopravvivenza. Ogni volta che qualcuno ci riconosce in pubblico, viene prodotta dopamina, una sostanza del “piacere”. Quando ci esercitiamo o passiamo dei bei momenti con il nostro partner, abbiamo questa ricompensa ormonale che ci induce a ripetere questi comportamenti così coinvolgenti quanto importanti. Lo stesso meccanismo di ricompensa che produce un rilascio di dopamina è ripetuto nel sistema dei like nei social network.

Tutti conosciamo il grande successo delle “reti sociali”. Una delle acquisizioni più importanti sul mercato negli ultimi tempi è quella di Aprile 2012 quando Facebook comprò Instagram per 1 miliardo di dollari. Zuckerberg decise di acquisire Instagram per un semplice motivo: le persone sono costantemente spinte a confrontarsi.

Come negli anni ’80 quando le persone si riunivano a casa per far vedere agli amici le diapositive delle vacanze trascorse,  adesso mentre si sta in vacanza condividiamo in maniera estemporanea la nostra vita, mostrando agli altri quanto ci stiamo divertendo.

Le piattaforme social possono causare delle dipendenze, probabilmente siamo ancora in una fase controllata. Cosa succederà nel futuro, quando indosseremo tutti degli occhiali per la realtà aumentata? Fra 10 anni, esisteranno nuove piattaforme che faranno sembrare Facebook e Instagram dei pezzi di antiquariato. Probabilmente ci saranno ancora tantissimi utenti, ma le alternative saranno di gran lunga maggiori e più grandi.

 Migliorare l’esperienza

Non sappiamo con certezza se la dipendenza dai computer e dagli smartphone ha raggiunto il picco con i social, i videogiochi, le mappe o le app per la produttività.

Qual è la soluzione? Sicuramente non possiamo abbandonare i benefici del progresso tecnologico. Alcune tecnologie a volte portano a dipendenze, altre arricchiscono la vita. Possiamo costruire alcuni prodotti o esperienze che sono indispensabili ma che non portano dipendenza.

Gli account che gestiscono la posta elettronica di lavoro potrebbero essere disattivati dopo le 6 del pomeriggio. I giochi potrebbero essere costruiti in modo da non funzionare dopo ore di utilizzo. I social media potrebbero disattivare i vanity index ovvero i contatori del numero di like o visualizzazioni: piattaforme come Tik Tok stanno utilizzando degli algoritmi che non si basano su queste metriche.

Le nuove generazioni dovrebbero conoscere gli schermi e i dispositivi elettronici più lentamente.

Quanto è desolante vedere un gruppo di amici a cena chiacchierare tra di loro, senza guardarsi negli occhi, con lo sguardo puntato sugli schermi degli smartphone? Quanto è triste assistere a un concerto e vedere le persone condividere i momenti sui social piuttosto che viverli?

La nostra attitudine ai comportamenti che producono dipendenze è strettamente culturale.

Se la nostra cultura lasciasse spazio alla creazione di luoghi in cui gli schermi sono spenti e i cellulari scollegati, avremmo più probabilità di resistere alle dipendenze.

In questi luoghi, potremmo comunicare tra di noi direttamente, coltivare relazioni luminose ma non illuminate dagli schermi attorno a noi.

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