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Gli Hackathon come strumento per l’innovazione

A metà del mio percorso universitario intuivo che la formazione offerta dal sistema accademico non era sufficiente. Intorno a me vedevo nascere startup tecnologiche, spin-off di aziende, nuovi modelli di business innovativi e mi rendevo conto che studiare per migliorare il mio bagaglio culturale era poco. 
Decisi, dunque, di iniziare a partecipare ad eventi come startup weekends, hackathon e competizioni tecnologiche. Durante questi eventi ho costruito importanti legami di amicizia e ho incrementato la mia rete professionale mentre, parallelamente, apprendevo nuove tecnologie e i trend di mercato. 
A seguito di una ventina di eventi a cui ho partecipato, posso dare, quindi,  alcuni spunti di riflessione a chi si sta avvicinando a questo mondo e vuole saperne di più. 

Cos’è un hackathon

Hackathon è un neologismo formato dalla parola Hack + Marathon, semplicemente una “maratona tra hackers”.
Hollywood dipinge gli hackathon come una gara tra hackers resa ancora più difficile dai drink alcolici bevuti ogni pochi minuti. 
La parola hackathon comparve per la prima volta nel 1999 quando la fondazione openBSD, organizzazione dell’omonimo sistema open source, aveva bisogno di implementare lo standard di sicurezza IPSec nel sistema operativo, chiedendo il supporto di 10 sviluppatori software professionisti.

Nel corso del tempo alle capacità di problem solving informatiche sono state affiancate anche una serie di professionalità utili per la risoluzione di challenge sempre più complesse. 
Attualmente, gli hackathon sono competizioni della durata di circa 48 ore in cui le aziende sponsor dell’evento lanciano una sfida di business
I partecipanti – spesso giovani under 35 – sono studenti o professionisti e rientrano in categorie come: designer, programmatori, data scientist, project manager, business developers, esperti di marketing.

La metodologia generalmente applicata è quella del design thinking che impiega strumenti per facilitare la prototipazione e la validazione delle idee. Per rendere più agevole lo scambio di competenze, i partecipanti si riuniscono in team composti da  3 fino ad un massimo di 5 persone. L’obiettivo delle aziende è realizzare un rapidissimo percorso di ricerca e sviluppo di due – tre giorni per ottenere idee e/o prototipi. Per capire perché esistono gli hackathon, bisogna riflettere su cosa significa innovare attualmente per le aziende.

L’innovazione per le aziende

Ogni giorno sentiamo parlare di Innovazione, che spesso viene confusa con digitalizzazione. Le aziende sono spaventate dalle trasformazioni travolgenti che il progresso tecnologico e digitale sta portando. Questo sentimento di paura, convertito in azione, spinge le aziende a investire in progetti di ricerca e sviluppo. I percorsi sono molto impegnativi e richiedono di aprire dipartimenti dedicati, assumere nuove persone, trovare nuovi spazi dove sviluppare i progetti. Si tratta di costi elevati che assorbono i profitti delle imprese. Il modello di ricerca e sviluppo solitamente applicato si chiama “Innovazione chiusa” (cfr).

Nel 2003, quasi in coincidenza con l’aumento della popolarità degli hackathon, è stato coniato il termine di “Innovazione Aperta”: quest’ultima, al contrario del modello chiuso, prevede il flusso costante di conoscenze e competenze dall’esterno dell’azienda all’interno e viceversa. 

Gli hackathon sono uno dei risultati naturali dell’Innovazione Aperta in quanto il coinvolgimento di persone esterne all’azienda permette di guardare ai problemi e alle sfide con un nuovo sguardo, solitamente quello dei più giovani, i “nativi digitali” che vivono la tecnologia sulla propria pelle e sono menti fresche capaci di dare soluzioni dirompenti.

Il risultato dell’Hackathon

Cerimonia di premiazione degli hackathon a Campus Party 3 – Milano Rho Fiera Luglio 2019

Nell’immagine qui sopra vediamo decine di persone esultano sul palco subito dopo l’assegnazione dei premi, con ai piedi gli assegni dei premi vinti. 

I vincitori sono i team che hanno convinto la giuria riguardo alla loro proposta. Uso la parola convincere perchè In Italia molto spesso gli hackathon danno molta importanza al “pitch”, ovvero una presentazione della durata generalmente di 3 minuti.

Le presentazioni vengono discusse secondo un ordine simile a questo:

  1. Problema e contesto
  2. Soluzione 
  3. mercato di riferimento
  4. Proposta di valore
  5. Esempio pratico (demo)
  6. Team 

I partecipanti che convincono la giuria hanno modo di vincere premi in denaro, in buoni amazon nonché incrementare la rete professionale e conoscere nuove persone guidate da passioni.
I ragazzi, con due giornate di inventiva percepiscono rimborsi spese sotto forma di pasti – molto spesso li si fa alloggiare in tende presso la location dell’evento. I team più meritevoli vincono premi in denaro, si divertono, mettono in gioco le proprie skills. 
Dall’altra parte le aziende si fanno conoscere, trovano forza lavoro (quasi) gratuita ma soprattutto hanno numerosissime nuove idee proposte dai più giovani indipendenti dalla forma mentis dell’azienda. 

Dopo l’hackathon

A seguito delle competizioni generalmente vengono erogati i premi in circa 30-60 giorni. Al di là del premio, è importante però che si passi all’implementazione o assimiliazione dell’idea nei contesti aziendali. Purtroppo, queste fasi spesso non accadono: i progetti vengono abbandonati, o peggio si avvia una fase di sfruttamento dell’idea senza coinvolgere chi ne detiene la paternità. 

Queste imprese vendono il sogno dell’auto-miglioramento attraverso la tecnologia, qualcosa a cui le aziende vogliono essere associate a prescindere da qualsiasi beneficio immediato per i loro profitti. In quanto simboli dell’innovazione, è improbabile che miglioreranno efficacemente.

Nella mia esperienza di partecipazione in numerosi hackathon, solo con pochissime aziende è stato avviato un percorso di innovazione strutturato. 
In queste società ho trovato persone predisposte all’ascolto e desiderose di aprire le porte per rendere pratiche le idee scaturite dagli hackathon. 
Se l’innovazione deve essere aperta, anche le menti dietro alle società devono essere aperte alla contaminazione e lo scambio di competenze reciproche.

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