Sostenibilità

Webinar: “Raggiungere gli SDGs nel settore della moda: sfida o necessità”

Ieri, 3 giugno 2021, il team di AWARE ha organizzato un webinar dal titolo “Raggiungere gli SDGs nel settore della moda: sfida o necessità” nel quale sono state affrontate tematiche relative alla mobilità sostenibile, all’equità sociale e agli SDGs 1, sconfiggere la povertà, 5, parità di genere, 8, lavoro dignitoso e crescita economica, 12, garantire modelli sostenibili di produzione e consumo, 14, conservare ed utilizzare in modo durevole oceani, mari e risorse marine per uno sviluppo sostenibile e 15, proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre. Al webinar hanno partecipato le rappresentanti di due aziende italiane impegnate nella transizione del settore della moda verso la sostenibilità: Quid e MioMojo.

La prima ad aver preso parola è Vanessa Cento, dell’azienda Quid, che ci ha descritto una realtà aziendale giovane e impegnata nel sociale, che ha come obiettivo quello di offrire opportunità professionali a coloro che vivono in circostanze di fragilità lavorativa con un particolare focus sulle donne e la parità di genere. La loro parola chiave è: inclusione. Infatti, Quid conta 125 soci, di cui l’85% donne, spesso appartenenti a categorie protette, vittime di tratta o provenienti da un contesto di fragilità lavorativa. Quid è un brand di moda collaborativa, etica e sostenibile, made in Italy, che utilizza e recupera tessuti di eccedenza o fine serie sul territorio nazionale, contribuendo così ad un’economia sostenibile e alla salvaguardia ambientale.

La seconda ospite, Ilaria Malitesta, ci ha illustrato la realtà cruelty free ed eco-friendly dell’azienda MioMojo. Il goal dell’azienda è offrire alternative belle ed eleganti utilizzando materiali e tecniche sostenibili che non danneggino l’ambiente. Ilaria ci ha illuminato sull’importanza dell’utilizzo di materiali sostenibili ed innovativi come il bambù, la canapa, l’apple skin, cactus skin e materiali lab-grown. L’impatto di questi nuovi materiali sull’ecosistema è infatti del 90% in meno rispetto a quelli solitamente utilizzati.

Dopo questi interventi, sono state portate avanti dai ragazzi del team AWARE varie riflessioni. Lorenzo Giacomella si è soffermato sulle criticità di carattere sociale nel settore tessile tra cui la gravosa problematica del ruolo della donna nel settore della moda e alla relativa parità di genere ancora difficilmente raggiunta in molte parti del mondo. All’inclusione, alla povertà ed alle difficili condizioni lavorative nel quale versano molte persone nel Sud-Est Asiatico, dovute dalla deregolamentazione dei mercati, alla rapida espansione delle produzioni ed al forte utilizzo di strategie di delocalizzazione da parte di aziende occidentali.

Giulia Romagnoli, invece, ha approfondito le tematiche riguardanti gli SDGs 14 e 15, portando alla luce dati estremamente preoccupanti riguardo il settore del fashion. Si stima, infatti, che il settore tessile e l’industria della moda siano responsabili di circa il 20% dell’inquinamento globale. Questo comprende un impiego eccessivo di risorse idriche (circa 80 miliardi di metri cubi, 1/5 dello sfruttamento di acqua mondiale), un utilizzo di sostanze chimiche e microplastiche (500 mila tonnellate prodotte l’anno, tra le principali fonti di inquinamento globali) con un conseguente inquinamento di oceani, mari e risorse idriche. Altri importanti accenti sono stati posti su coltivazioni e allevamenti intensivi per la produzione tessile che porta inesorabilmente alla deforestazione ed all’utilizzo di sostanze nocive per l’ambiente.

Giulia alla fine ci ha dato qualche spunto per alcune soluzioni rispetto queste importanti criticità, come ad esempio: l’agricoltura organica rigenerativa, la concia della pelle al vegetale o le fibre tessili ecologiche come il cotone organico.

Andrea Cardarelli ha parlato del consumo e produzione responsabili con un focus sul consumatore. Quanto il consumatore in realtà ricopre un ruolo centrale nella trasformazione del cambio di passo dell’industria della moda verso quello che viene definito ora il Fast Fashion? Questa tipologia di business va per definizione contro tutto ciò che gli SDGs e l’Agenda 30 professano, come per esempio: mantenere una produttività che ricopra la domanda di mercato ma in modo sostenibile.

La centralità del settore della moda nella vita di tutti i giorni, porta il consumatore ad assumere una nuova presa di consapevolezza rispetto a quello che è la moda e alla relativa estetica. Per questo motivo alcuni brand fast fashion per sopperire alla nuova richiesta del settore moda, ovvero al mix di necessità ed estetica, ogni quattro settimane pubblicizzano una collezione nuova e diversa con un conseguente aumento della distribuzione, utilizzo eccessivo dei mezzi di trasporto e un conseguente aumento dell’inquinamento.

Dunque, la risposta alla domanda iniziale che Andrea ci aveva posto è: si, il consumatore ha influenzato il cambio di passo del settore della moda. È necessario, quindi, un allontanamento dal fast fashion e dalla sovrapproduzione tessile.

In conclusione, il webinar ha portato alla luce numerose criticità del settore dell’industria tessile e della moda a cui dobbiamo inevitabilmente porre rimedio. Questo evento però, ci ha dato anche l’occasione di conoscere due aziende che sono in prima fila nella transizione del settore della moda verso una maggiore sostenibilità economica, sociale, ambientale ed inclusiva. Grazie alle loro testimonianze abbiamo realizzato che esistono soluzioni alternative ed altrettanto valide ai materiali normalmente utilizzati, alle tecniche di allevamento ed agricoltura invasive ed alle sostanze nocive adoperate nel settore della moda. Ciò che però deve ancora cambiare è la mentalità del consumatore. C’è bisogno della consapevolezza del singolo cliente e di moltissima più informazione per rendere definitivamente il settore della moda un settore non solo estetico ma anche sostenibile.