Sostenibilità

RAGGIUNTO IL RECORD DI PREZZO PER LE QUOTE EU ETS. MA COME FUNZIONA IL SISTEMA EUROPEO PER IL CONTROLLO DELLE EMISSIONI ?

Il Sistema Europeo di Scambio delle Quote di Emissione (EU ETS) è uno strumento che nasce all’interno del Protocollo di Kyoto, pubblicato l’11 dicembre 1997, al fine di una riduzione delle emissioni di gas serra nei settori a più alto tasso di consumo energetico. 

Lo strumento è stato istituito con la Direttiva 2003/87/CE (definita Direttiva ETS), la quale regola il cap & trade in Europa per gli impianti industriali, per il settore produttivo dell’energia elettrica e termica e per l’aviazione. 

La definizione di cap & trade deriva dall’imposizione di un tetto massimo al livello totale delle emissioni prodotte dai soggetti colpiti dalla regolamentazione. Al tempo stesso, questo sistema permette ai partecipanti di comprare e vendere su un apposito mercato i cosiddetti “diritti a emettere CO2”, tramite l’utilizzo di quote. 

 Più nello specifico, questo sistema, entrato ufficialmente in vigore dal primo gennaio 2005, prevede che gli impianti con i più alti volumi di emissione debbano richiedere un’autorizzazione a emettere gas serra [1]. Gli impianti in questione devono tenere conto annualmente delle loro quote di emissione e andare a compiere una compensazione con le quote EU (European Union Allowences, EUA), tramite la vendita o l’acquisto di queste ultime. 

L’importanza di tale meccanismo consiste nell’imporre un sistema di trade-off tra un miglioramento del proprio impianto e una spesa maggiore per continuare con gli stessi ritmi produttivi: i proprietari delle industrie hanno la possibilità di scegliere se investire nello sviluppo tecnologico della propria impresa ai fini ultimi di una riduzione dell’inquinamento o  se decidere semplicemente di comprare maggiori quote di emissione. 

L’assegnazione delle quote avviene attraverso aste pubbliche europee. Gli impianti oggetto di regolamentazione, in particolar modo quelli esposti a rischio di delocalizzazione, ricevono gratuitamente una parte di quote in base a dei parametri di riferimento (benchmark). Questi, espressi in termini di CO2 per unità di prodotto, sono concordati a livello europeo e prendono come riferimento la produttività del 10% delle industrie più efficienti per ciascun settore. 

Va ricordato che gli impianti possono vendere o comprare tra di loro; tali movimenti sono registrati nel Registro Unico dell’Unione Europea [2], contenente tutti i passaggi di proprietà delle quote di emissione. 

La quantità totale delle quote contenute nel sistema è fissata in base agli obiettivi della Comunità europea: entro il 2030 i settori in questione dovranno essere protagonisti di una riduzione delle proprie quote pari al 43% rispetto ai livelli del 2005. 

Gestione dei fondi derivanti da quote ETS

I fondi che si accumulano grazie alla vendita delle quote ETS non sono irrilevanti: prendendo in considerazione i dati forniti dal GSE (Gestione servizi energetici), dal mese di novembre 2012 al 31 dicembre 2018, la stessa GSE ha collocato 495 milioni di EUA pari alla cifra di oltre 3,7 miliardi di euro, ai quali si devono aggiungere i 41 milioni derivanti da vendita di quote EUA A (European Union Aviation Allowances).  

Questi proventi sono momentaneamente detenuti dal GSE, per poi essere trasferiti alla Tesoreria di Stato entro la data del 20 maggio dell’anno successivo. Come regolato dal decreto legislativo n. 47 del 9 giugno 2020 (art. 23 comma 7), il 50% di questi introiti venivano destinati a specifici capitoli del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Invece, con il decreto-legge n. 22 del 1° marzo 2021, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri, la quasi totalità della gestione in materie di tipo energetico, è stata trasferita al nuovo dicastero della Transizione ecologica, sostituente a tutti gli effetti il Ministero dell’Ambiente. 

La quota del 50%, destinata al Ministero della Transizione Ecologica, deve essere investita, secondo la direttiva 87/2003/CE, per almeno il 50 per cento in finalità di tipo ambientale indicate nel paragrafo 3 della medesima direttiva. Dando uno sguardo alla disciplina italiana, introdotta nel 2020, dovuta a una lieve modifica della Direttiva europea sopra menzionata (l’ultimo aggiornamento risale al 2018/410/CE), l’orientamento italiano è stato quello di privilegiare l’impiego delle somme derivanti dalla vendita delle quote, nei limiti massimi consentiti dall’ordinamento europeo, al fine di favorire la finanza pubblica italiana. 

Sono previsti numerosi capitoli di bilancio del Ministero, all’interno dei quali vengono menzionati gli usi dei fondi derivanti da vendita di quote ETS (ad esempio: “Fondo da assegnare per la realizzazione di progetti finalizzati alla promozione ed al miglioramento dell’efficienza energetica”) e gli stessi fondi hanno la possibilità di essere modificati nel tempo. Gli interventi di modifica possono essere eseguiti dallo stesso dicastero nel rispetto dell’articolo 23, comma 7, Decreto legislativo del 9 giugno 2020 [3].

Il rispetto di tale decreto è di per sé fondamentale, infatti un utilizzo lontano dagli scopi indicati nella direttiva 2003/87/CE (“L’obiettivo finale della convenzione quadro delle Nazioni sui cambiamenti climatici, approvata con decisione 94/ 69/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1993, concernente la conclusione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è di stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serro nell’atmosfera a un livello che prevenga qualsiasi pericolosa interferenza antropica sul sistema climatico”) si delineerebbe come un’autentica violazione del diritto UE. 

Per questa ragione, va fatta menzione anche della legge di bilancio per l’anno finanziario 2020 e la previsione di bilancio per il triennio 2020-2022 (l’articolo 1, comma 85, legge 27 dicembre 2019, n. 160), approvata il 27 dicembre 2019 dalla Camera e dal Senato. Essa ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un apposito fondo con relative dotazioni corrispondenti agli anni 2020, 2021 e 2022, maturate con la vendita delle quote d’emissione (destinate prima al Ministero dell’ambiente ed ora al Ministero della Transizione ecologica). Più nello specifico, al fine di assicurare che gli scopi contenuti nella direttiva europea vengano perseguiti, la normativa italiana prevede che una quota (non inferiore a 150 milioni) venga utilizzata per fini coerenti con quelli previsti dalla suddetta direttiva.

Si potrebbe dire, dunque, che le norme europee e italiane dispongano in maniera ineccepibile dell’uso appropriato dei fondi fin qui trattati. In realtà, il decreto legislativo n.30/2013, nell’attuazione della direttiva CE 2009, sottolinea come “Detti proventi sono successivamente versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, fatto salvo quanto previsto dal comma 5, ad appositi capitoli per spese di investimento, con vincolo di destinazione in quanto derivante da obblighi comunitari, ai sensi e per gli effetti della direttiva 2009/29/CE”. Il comma 5 però, prescrive che la metà dei crediti debbano essere assegnati alla “riserva nuovi entranti” (aziende che hanno aperto nuovi stabilimenti nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012), ma che non avevano crediti disponibili sul mercato in quanto la riserva era esaurita [4]. Ciò si è verificato a causa di un rilascio troppo intenso di crediti EU ETS nei primi anni di funzionamento del sistema. Conseguentemente , si è creata una situazione per la quale alcune imprese hanno maturato profitti molto elevati a scapito di altre che non hanno avuto accesso ad alcuna quota. Per questa ragione, alle “nuove entranti” sono state destinate metà delle quote EU ETS. 

Meno emissioni grazie al sistema ETS?

Prendendo in esame i dati forniti da ICIS(Independent Commodity Intelligence Services), appare evidente come il sistema pensato con l’avvento del Protocollo di Kyoto, rappresenti un fattore decisivo nella lotta alla decarbonizzazione del continente europeo. Infatti lo studio in questione [5], prendendo in considerazione i dati relativi al 2017 e al 2018, cerca di definire l’utilità del sistema di scambio di quote di emissione nel percorso verso la neutralità climatica. 

Sebbene vi sia stata un’ascesa nelle emissioni durante il 2017 (interpretabile come un unico episodio) il trend è genericamente in discesa nel periodo in analisi (2013-2018). Nel 2018, le emissioni di CO2  dell’ETS hanno registrato un calo del 3,5% rispetto all’anno precedente. Se si prendono in considerazione esclusivamente gli impianti fissi, che quindi non comprendono l’aviazione, il calo è ancora maggiore, cioè 3,9% (al contrario l’aviazione mantiene un trend sempre stabile). Tenendo a mente i settori oggetto di sistema ETS, quello energetico ricopre il ruolo di locomotrice: nel 2018 le emissioni del settore elettrico sono diminuite del 6,4%, mentre i settori industriali hanno visto una diminuzione del solo 0,9% nell’ultimo anno. 

I dati elencati fino ad ora dimostrano che il sistema ETS funziona nella riduzione delle stesse emissioni e che può rappresentare un caposaldo nella lotta contro il  cambiamento climatico. In più, esso, essendo stato concepito alla fine dello scorso secolo, può anche essere considerato uno strumento precursore di tutte le misure prese negli ultimi dieci anni (in Europa ma non solo). 

In conclusione, il sistema sin qui analizzato, si dimostra molto efficace nella riduzione delle emissioni di Co2 del comparto industriale e non solo. Ciò è avvalorato dal fatto che, negli ultimi tre mesi, il costo delle quote di emissione ha toccato il suo massimo (oltre i 56 euro per quota [6]) e si mantiene su un valore medio di almeno 50 euro. Alcuni sostengono che l’incredibile ascesa dei prezzi sia dovuta a comportamenti speculativi del mercato in questione, ma l’ipotesi più plausibile sembrerebbe ricondurre a un taglio della produzione inquinante da parte delle aziende, causato dalle sempre più stringenti politiche green europee.

BIBLIOGRAFIA 

[1]  https://www.gse.it/servizi-per-te/mercati-energetici/aste-co2/sistema-eu-ets 

[2] https://ec.europa.eu/clima/policies/ets/registry_en  

[3]  Attuazione della direttiva (UE) 2018/410 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 marzo 2018. 

[4]https://www.qualenergia.it/articoli/20160407-ets-italia-cosi-i-soldi-tornano-chi-inquina-anziche-andare-rinnovabili-ed-efficien/

[5] Il mercato europeo della CO2: l’impatto dell’ascesa dei prezzi della CO2 su industrie e utility, Philipp Ruf, Matteo Mazzoni, ICIS, 2019.  

[6] https://ember-climate.org/data/carbon-price-viewer/ 

[7] Polluting for Profit: The Paradox of the EU’s Emissions Trading System, Pietro Quercia, IAI COMMENTARIES 19 | 38 – JUNE 2019 

[8] L’evoluzione dell’emission trading system europeo e l’impiego dei proventi delle aste Co2, Massimo Nardini, Amministrazione in Cammino, Novembre 2020.