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Sviluppo digitale dell’Italia: intervista a Francesco Mete

Sempre più, ci rendiamo conto di quanto la trasformazione digitale in corso sia pervasiva, comprendendo trasversalmente ambiti diversi di sviluppo della nostra società, dal settore privato alle pubbliche amministrazioni. Il processo di digitalizzazione dell’Italia si compone di diverse azioni strategiche e l’esecutivo, insediatosi da poco e guidato da Draghi, dovrà definire i prossimi fondamentali passi per tendere ad una piena transizione digitale del nostro Paese.

Grazie ad un confronto avuto con Francesco Mete, laureato in Ingegneria delle Telecomunicazioni e attualmente CEO di EBWorld, azienda ICT che sviluppa soluzioni basate su mappe geografiche per la gestione di infrastrutture e asset distribuiti sul territorio, abbiamo cercato di analizzare lo stato di sviluppo digitale del nostro Paese.

D- Il mondo delle infrastrutture digitali e di rete appare spesso come qualcosa di immateriale e metafisico. Tuttavia, non differentemente dalle infrastrutture “tradizionali”, esse sono strettamente fisiche. La “fisicità” della catena del valore di tali opere emerge dall’analisi di società come EBWorld, nata nel 1983 a Pesaro, mediante forme di intelligence applicata al territorio (intelligence in maps), realizza Sistemi Informativi Geospaziali (GIS), integrandoli altresì con applicazioni e basi dati esterne. EBWorld, grazie alla sua unica e particolare conoscenza del dato geografico e dei processi caratteristici del ciclo di vita delle reti infrastrutturali, è un potenziale partner naturale di tutti i principali operatori delle telecomunicazioni, che possono usufruire inoltre di servizi di geomarketing, business intelligence e gestione automatizzata delle operazioni. Questo è chiaramente un settore meno noto al cittadino fruitore di servizi. Come spiegherebbe quindi l’operato di EBWorld e l’importanza dei suoi servizi per la realizzazione e gestione di reti infrastrutturali a chi non si occupa del settore? Cos’è, per esempio, un Sistema Informativo Territoriale (GIS)?

R- Il cittadino si aspetta che quando apre il rubinetto esca sempre l’acqua e che la stessa sia di buona qualità. Allo stesso modo si aspetta di poter accedere a internet quando è in viaggio o dalla poltrona di casa. Ma dietro la fruizione di un servizio esiste un mondo estremamente complicato, fatto di processi complessi che coinvolgono aspetti estremamente variegati e comportano costi significativamente alti.

EBWorld è uno dei tanti importanti tasselli che permettono ai gestori dei servizi di fare in modo che tutto funzioni bene e che i problemi si possano risolvere il prima possibile. Come? Digitalizzando la rete, creando un “gemello digitale” su una mappa e consolidando un database di inventario in cui tutte le risorse della rete siano consultabili, visualizzabili e interrogabili in modo visuale su una mappa. Sulla stessa mappa poi possono convergere altre tipologie di informazioni in modo da creare una serie di livelli informativi, geograficamente sovrapposti gli uni con gli altri.

La mappa diventa un vero e proprio cruscotto in cui comprendere cosa sta succedendo sul territorio, quanto vale il mio asset e dove devo indirizzare la strategia aziendale. Ecco perché è fondamentale che i fornitori di tecnologia che vogliono affiancare operatori di TLC, utility ma più in generale gestori di infrastrutture critiche sul territorio debbano prima avere una profonda conoscenza di tutti i processi che ruotano intorno la creazione e la gestione di un’infrastruttura di rete. Compresi i processi si ha la possibilità di disegnare, come facciamo noi, soluzioni software volte a digitalizzare tali processi, garantendo efficacia ed efficienza all’organizzazione e assicurando nel contempo una qualità del servizio ottima al cliente finale.

D- Uno dei maggiori freni alla transizione digitale italiana è il capitale umano spesso poco preparato. Nella vostra esperienza aziendale, è capitato di interfacciarvi con candidati poco preparati o addirittura vedere posizioni da voi aperte finire non ricoperte per assenza di domanda? Dal punto di vista dell’azienda, quali potrebbero essere delle soluzioni valide per rafforzare il capitale umano italiano, in particolare in ambito STEM?

R- Questo è un grosso problema per le società hi-tech come EBWorld. La richiesta di candidati è altissima ma paradossalmente l’offerta non è sufficiente. Ciò può derivare, a mio parere, da due fattori: da un lato la scuola e l’università sono ancora troppo distanti dal mondo del lavoro, dall’altro lato le aziende spesso sono troppe chiuse in loro stesse. Quello che manca è un ponte solido tra le due realtà. Noi stiamo cercando di invertire la rotta. Crediamo che la soluzione sia quella di fare sistema, intercettando i talenti nelle Università, da non considerare come “centri di recruiting” ma interlocutori privilegiati con cui costruire  un rapporto pluriennale e di reciproco arricchimento. Un’altra direttrice da percorrere è quella di lavorare con tutte le scuole superiori: dagli Istituti Tecnici al Liceo Classico, cercando di diffondere quella cultura che serve a far maturare nei ragazzi curiosità ed entusiasmo verso un mondo digitale che è sempre meno “nerd” e sempre più multidisciplinare. Infine, è fondamentale comunicare al meglio possibile quello che si fa e soprattutto perché lo si fa.

D- È mai capitato ad EBWorld di lavorare con le pubbliche amministrazioni? In quale misura le tecnologie correlate ai processi di acquisizione, elaborazione e gestione dei dati georiferiti possono dare al settore pubblico italiano la spinta innovatrice di cui ha bisogno?

R- Sì, EBWorld lavora con le Pubbliche Amministrazioni. La dimensione geospaziale può essere un potentissimo motore di accelerazione per una P.A. più efficiente e più vicina al territorio. Chi più di una P.A. (centrale o locale) governa un territorio? Quindi ben venga l’open data, ben venga la condivisione di informazioni e dati tra tutte le Amministrazioni. La creazione di mappe multi-livello con tutti i dati afferenti il territorio può essere un supporto essenziale sia per le P.A. che per soggetti privati che devono gestire servizi distribuiti. Pensiamo ad esempio alle informazioni relative alle unità immobiliari sul territorio: la disponibilità di questo dato (preciso ed affidabile al 99%) sarebbe di grandissimo aiuto per accelerare il roll-out di reti internet a banda ultra – larga.

D- Nel nostro Paese si parla spesso di Grandi Opere o opere strategiche ed è diffusa la percezione di un notevole ritardo infrastrutturale nella penisola. Quali sono a suo avviso le causali di tale ritardo e le possibili soluzioni? I servizi di innovazione come quelli da voi forniti possono rappresentare un acceleratore in tal senso o c’è invece bisogno di compiere prima alcuni passi in altri settori?

R- Sicuramente l’eccessivo carico burocratico della macchina dello Stato ha grandi responsabilità. Dietro la burocrazia si annida spesso molta inefficienza. Quindi la cosiddetta “sburocratizzazione” di cantieri e opere è sicuramente un passo importante. La ricostruzione del ponte Morandi a Genova ha dimostrato che è possibile operare in modo rapido, efficiente e sicuro. Con riferimento ai dati georeferenziati, sicuramente un contributo potrebbe arrivare dalla condivisione di informazioni gestite da enti o amministrazioni diverse. Pensiamo alla banda larga: la creazione di un catasto condiviso e federato, consultabile da tutti gli operatori le cui infrastrutture potenzialmente possono ospitare un cavo in fibra ottica, ridurrebbe la necessità di nuovi scavi accelerando la creazione di nuovi reti. E questo a prescindere dalla sburocratizzazione dei permessi di scavo. Qualcosa c’è già ma è lontano da quel livello di utilizzo e consapevolezza che invece si dovrebbe avere.

D- In occasione della nostra tavola rotonda di giovedì 25 febbraio, Lei ha più volte fatto emergere la necessità di un approccio olistico per garantire un corretto sviluppo delle infrastrutture telco del nostro Paese. Quali sono gli elementi che potrebbero effettivamente essere propedeutici a questa soluzione?

R- Immaginiamo un semplice portale web, in cui sia consultabile una mappa con le stesse modalità con cui cerchiamo una pizzeria o un punto di interesse nel nostro tempo libero. Su questa mappa posso visualizzare diversi livelli: la rete in fibra ottica, le antenne cellulari, le torri, le infrastrutture civili che ospitano la rete, le ferrovie o gli assi viari  – lungo i quali esistono già cavidotti – , aree industriali o distretti specializzati (es. porti), punti di interesse (es. scuole o ospedali), civici con tanto di indicazione delle unità immobiliari.

Immaginiamo poi che su questa mappa siano disponibili semplici strumenti per stimare la fattibilità di connessione dei vari punti della rete (es. le scuole di un Comune). Tutto questo è più vicino alla realtà di quanto sembri, basterebbe “solo” una visione sistemica, superando specifici interessi e inefficienze di un sistema che, come è sotto gli occhi di tutti, dovrebbe funzionare meglio. E credo che una “visione unica della rete” gioverebbe in primis agli operatori di tlc, sia ai “wholesale only” che a quelli verticalmente integrati.

D. L’indice DESI 2020 vede l’Italia agli ultimi posti in diversi degli aspetti presi in esame dalla statistica. Eppure in termini di connettività 5G il nostro Paese si posiziona tra i primi posti in classifica. Se, come sappiamo, è importante avere un approccio olistico e quindi sviluppare trasversalmente più aspetti legati alla connettività, come si può effettivamente evitare di perdere questo vantaggio competitivo?

R- Esattamente come per il 4G, l’Italia parte benissimo con l’accesso al 5G. Questo perché spesso si è considerata la rete mobile come un’alternativa alla rete in fibra ottica. Durante i lockdown tantissime famiglie hanno usato ancora hotspot cellulari per accedere alla didattica a distanza o per lo smart working. Ma le due reti in fibra e mobile non sono alternative. La fibra intanto deve collegare tutte le antenne 5G che saranno fittissime; allo stesso modo deve arrivare nelle case e negli uffici. Il 5G serve ad altro, a garantire l’accesso in mobilità, a sostenere applicazioni a prova di futuro come l’edge computing che è alla base del paradigma delle Smart City.

La rete è unica anche in questo caso. Accesso 5G da una parte ed accesso e trasporto in fibra ottica dall’altra devono essere visti in modo sistemico e la progettazione deve tenere conto allo stesso tempo di tutte le tecnologie. Altrimenti il vantaggio di cui parla rimarrà apparente. Avremo sicuramente il più alto numero di cellulari 5G in Europa, avremo una rete 5G densa e un sacco di offerte da parte degli operatori per la clientela “consumer”, ma non saremo in grado di sfruttare le enormi potenzialità del 5G e rimarremo indietro nelle applicazioni strategiche e industriali.

Autori: Alessandro Passamonti e Marco Baticci