Sostenibilità

Standard di Sostenibilità Volontaria (SSV): uno strumento pratico per una catena del valore più sostenibile

Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni, gli interventi governativi tradizionali risultano ancora incapaci di promuovere e determinare una completa sostenibilità nelle diverse filiere produttive. Per questo motivo si fanno sempre più strada nuovi strumenti di regolamentazione, in particolare nel settore manifatturiero e delle risorse agricole e naturali, con l’obiettivo di promuovere una produzione sostenibile e un utilizzo delle risorse rispettoso dei limiti e delle condizioni naturali. In questo senso, sistemi ibridi di governance transnazionale stanno coinvolgendo sempre più il settore privato insieme ad attori della società civile incentivando la collaborazione per implementare  nuovi standard e certificazioni di sostenibilità.

Gli standard di sostenibilità volontaria (SSV) rappresentano una valida alternativa agli strumenti tradizionali e facilitano l’implementazione di metodi di produzione più accorti per un’economia etica e sostenibile. Nello specifico, agli agenti economici coinvolti viene richiesto di rispettare una serie di condizioni nel rispetto della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Infine, come esposto da Komives & Jackson (2014), gli SSV consentono un consumo più attento, in quanto creano nuova domanda per prodotti sostenibili e, allo stesso tempo, garantiscono che questa venga soddisfatta dall’offerta. 

In base ai soggetti preposti alla formulazione di standard e certificazioni di sostenibilità, si possono generalmente riconoscere tre gruppi fondamentali di fonti per gli SSV: (i) le politiche pubbliche, (ii) gli standard aziendali, o di settore, e (iii) le certificazioni di carattere non governativo. Questi gruppi vanno a definire una moltitudine di standard caratterizzati da costi, restrizioni e benefici attesi diversi. Inoltre, i soggetti e le iniziative concernenti a ciascun gruppo vengono ad interrelazionarsi, sia sinergicamente che in contrasto gli uni con gli altri (vedi Figura 1). Ne consegue che, a causa del vasto ventaglio di possibilità, le imprese si ritrovano a dover analizzare, da un punto di vista di costi-benefici, le migliori certificazioni da adottare in linea con le loro strategie di sostenibilità e responsabilità sociale (e.g. Corporate Social Responsibility, CSR).

Fonte: (Lambin & Thorlakson, 2018)

Diventa quindi rilevante comprendere il motivo per cui tali strumenti stanno acquisendo rilevanza nel mercato e quali sono le opportunità che si celano dietro a tali iniziative. In altre parole, cosa porta gli agenti economici (e.g. produttori, distributori e rivenditori) ad impegnarsi a rispettare e adottare standard di sostenibilità volontaria? E quali benefici ci si può aspettare da una loro diffusione?

SSV: tra collaborazione e benefici economici

Come anticipato sopra, le imprese che vogliano adottare SSV si trovano di fronte ad una gamma di certificazioni molto ampia che può portare a collaborazioni, compromessi o competizione. Tra le più diffuse, si possono identificare tre categorie di standard: gli standard privati, quelli definiti da NGO e quelli derivanti da una collaborazione multi-stakeholder. 

I modelli di certificazione autoimposti a livello privato (company-led standards o industry standards) possono risultare efficaci nel portare la gestione aziendale in allineamento con le migliori pratiche di carattere ambientale, benché il tema sia ancora molto dibattuto in letteratura. A differenza delle certificazioni sviluppate da NGO, generalmente più riguardevoli di condizioni sociali ed ambientali, quelle private sono spesso più attente alle criticità di carattere economico e industriale ma, allo stesso tempo, più ristrette per quanto riguarda la preservazione di condizioni ambientali e sociali.

Tuttavia, come spesso accade nel settore alimentare, iniziative multi-stakeholder e alleanze verdi sembrano essere sempre più un elemento cardine nell’elaborazione ed implementazione di standard di sostenibilità adeguati. Queste iniziative giovano di una maggiore credibilità, atta a garantire una considerazione più adeguata di tutti i soggetti sensibili coinvolti. La presenza di NGO, per esempio, assicura un maggiore impegno rispetto a criticità socio-ambientali derivanti dall’attività economica e possono portare a maggiore trasparenza e credibilità oltre che ad una maggiore comprensione di realtà proprie di produttori e consumatori. Inoltre, le iniziative di carattere cooperativistico risultano solitamente più flessibili e meno burocratiche rispetto ai rapporti tradizionali con enti governativi.

Da un lato, la collaborazione può portare a regole più stringenti rispetto a certificazioni e standard autoimposti a livello privato, ma anche più ragguardevoli delle condizioni economiche rispetto a standard di solo carattere non governativo. Dall’altro lato, i soggetti di una data filiera produttiva hanno l’opportunità di comprendere al meglio i loro impatti socio-ambientali e impostare strategie di sostenibilità – non solo di carattere sociale e/o ambientale, ma anche di carattere economico – più efficaci.

Indipendentemente dalla fonte, l’adozione di SSV comporta ingenti costi di applicazione e controllo che devono essere coperti da risultati economici positivi per garantire una sostenibilità di tipo economico. Su questo tema i dati empirici sono ancora limitati e disomogenei ma ad una prima analisi si possono osservare tra gli utilizzatori di standard di sostenibilità dei miglioramenti qualitativi e della produttività, capaci di garantire prezzi più stabili e profitti più elevati. 

Benché permangono delle criticità, come nel caso di standard in competizione o troppo stringenti per alcune categorie sensibili (e.g. comunità locali in via di sviluppo), gli effetti positivi in tutte le dimensioni della sostenibilità, stanno portando gli SSV ad affermarsi sempre più come dei validi strumenti per il raggiungimento pratico degli obiettivi di sviluppo più moderni e rappresentano per le imprese un’opportunità per allinearsi con le più recenti richieste di mercato. 

Uno sguardo ai risultati di sostenibilità ambientale e sociale

L’obiettivo ultimo degli SSV è quello di promuovere, migliorare o mantenere lungo la catena del valore equità sociale e rispetto della biosfera. In quest’ottica, si annoverano i benefici derivanti da una migliore conservazione del territorio e della sua biodiversità ma anche il miglioramento delle condizioni lavorative e di vita delle classi più deboli. Inoltre, attraverso le sempre più diffuse iniziative multi-stakeholder, anche le piccole comunità locali, solitamente di paesi produttori in via di sviluppo, possono guadagnare maggiore visibilità e riconoscimento.

Casi emblematici di SSV con importanti effetti sulla preservazione ambientale sono quelli delle certificazioni di Rainforest Alliance (RA) e Forestry Stewardship Council (FSC), mentre standard come Fairtrade hanno lo scopo principale di garantire un trattamento equo e rispettoso dei soggetti impegnati nel commercio di particolari prodotti. Non solo, da un’analisi effettuata dall’Istituto Internazionale per lo Sviluppo Sostenibile (IISD) sugli SSV impiegati nel settore agricolo emerge che gli standard, nella maggior parte dei casi, indipendentemente dal loro obiettivo primario, includono requisiti specifici per la conservazione della biodiversità. 

Nonostante l’evidenza empirica sugli effettivi impatti diretti degli SSV sia ancora limitata, così come la conoscenza della loro distribuzione geografica e subnazionale, è indubbio il ruolo fondamentale che questi stanno avendo nel migliorare il livello di sostenibilità lunga l’intera catena del valore, promuovendo allo stesso tempo trasparenza e consapevolezza.

Tra criticità e futuro degli SSV

Indubbiamente l’adozione SSV consente di implementare valide pratiche di sostenibilità lungo le filiere del valore. Tuttavia, come si è detto, non si ha ancora una chiara visione degli effetti diretti che queste certificazioni generano a causa della mancanza di metriche e strumenti di monitoraggio. In questo senso, maggior chiarezza empirica può agevolare un corretto avanzamento di questi sistemi, aiutando a chiarire, tra le altre cose, le influenze di complementarità positive, ma anche sovrapposizioni (e.g. Nespresso AAA e Starbucks AAA) e contrasti (e.g. FSC e FSI) tra standard. Inoltre, c’è da considerare che gli SSV, contrariamente al loro scopo, possono costituire per realtà deboli e in via di sviluppo, degli impedimenti ad un progresso sostenibile a causa dei costi di certificazione, delle instabilità politiche e della competizione locale. Anche su questi temi la futura ricerca dovrà interrogarsi. 

Per rispondere alle domande iniziali, gli agenti economici sono portati ad adottare SSV per mettere in atto le loro strategie di sostenibilità, ma anche e soprattutto in vista dei benefici di carattere economico e socio-ambientale, sebbene questi siano ancora poco definiti. Infine, una loro diffusione potrebbe portare ad un miglioramento generale delle catene del valore e una conseguente riduzione degli impatti negativi della produzione su scala globale, oltre che ad una comprensione maggiore delle opportunità e delle criticità insite in questi strumenti.

In conclusione, è chiaro che gli SSV godano di una generale approvazione come strumenti capaci di mettere in pratica i principi della sostenibilità. Tuttavia, la crescente offerta e domanda per queste certificazioni richiama l’attenzione a studi più approfonditi, regolamentazioni più chiare e collaborazioni continue che possano garantire il miglior sviluppo di tali pratiche e una loro più veloce e corretta diffusione.

Per una panoramica sui principali standard di sostenibilità volontaria si consiglia la visita della “mappa degli standard” (Standard Map) proposta dall’International Trade Centre (https://www.standardsmap.org/standards_intro).