Sostenibilità

Il sistema di cattura e stoccaggio della CO2: gli sviluppi in Europa e in Italia

L’importanza del CCS

Il cambiamento climatico è una delle sfide più grandi che l’umanità abbia mai affrontato, essendoci in gioco centinaia di milioni di vite, innumerevoli specie ed ecosistemi e la futura abitabilità del  pianeta. Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) l’obiettivo da raggiungere e soddisfare è quello di limitare l’aumento della temperatura, fino ad arrivare al di sotto dei due gradi, come ratificato nell’accordo di Parigi. Infatti, per evitare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico è necessario dimezzare le emissioni globali nel prossimo decennio per poi raggiungere le zero emissioni nette entro la metà del secolo. 
Le conseguenze del cambiamento climatico sono legate ai gas serra cumulativi rilasciati nell’atmosfera, il che significa che ogni anno ritardiamo l’azione verso il raggiungimento delle zero emissioni nette. La gravità del problema continuerà a crescere, e lo farà velocemente. 
I governi seriamente intenzionati ad affrontare il cambiamento climatico hanno già iniziato a utilizzare una tecnologia innovativa che si rivelerà sempre  più essenziale per ridurre le emissioni: il sistema di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS). Si tratta di un processo che consiste nella separazione dell’anidride carbonica dagli scarichi prodotti da impianti di combustione nelle operazioni, per consentirne il trasporto verso un deposito (solitamente compressa ad alta pressione), e nel suo stoccaggio, ovvero la sua corretta conservazione, evitando così dispersioni in atmosfera.
Dalla Norvegia agli Stati Uniti fino al  Giappone, il CCS è diventato una delle armi principali nella battaglia contro il cambiamento climatico. Questa tecnologia non solo riduce le emissioni dei settori ad alta energia, come l’estrazione di petrolio e gas, il funzionamento delle centrali elettriche e la produzione di idrogeno, ma lo fa estraendo CO2 dall’atmosfera e immagazzinandola in modo sicuro sottoterra o negli impianti dedicati. Il CCS è già stato impiegato in molti impianti industriali per la produzione energetica. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’energia (IEA), I sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 possono ridurre le emissioni globali di gas serra del 14% nel 2050: questo implicherebbe la cattura e lo stoccaggio di circa 120 miliardi di tonnellate di CO2 tra il 2015 e il 2050.

Oltre a catturarla e stoccarla, è possibile anche utilizzare la CO2; in questo caso si parla di CCUS, cattura, stoccaggio e riutilizzo dell’anidride carbonica. Si tratta di una serie di tecnologie che prevedono la cattura dell’anidride carbonica da grandi fonti di emissione costanti, come centrali elettriche o impianti industriali che utilizzano combustibili fossili o biomasse come combustibile. Finora però “la CCUS non ha mantenuto le sue promesse”, scrive l’IEA nel suo ultimo report dedicato, intitolato “CCUS in clean energy transition”. Sebbene la sua importanza per centrare gli obiettivi climatici sia stata riconosciuta da tempo, la diffusione finora è stata lenta: gli investimenti annuali in CCUS hanno rappresentato meno dello 0,5% degli investimenti globali in tecnologie pulite per l’energia e l’efficienza energetica.

Le iniziative Europee

Con maggiori investimenti in progetti di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e la necessità per l’UE di ridurre rapidamente le proprie emissioni di carbonio, l’ottimismo nei programmi è in crescita, scrive Guloren Turan, direttore generale per la difesa e la comunicazione presso il Global CCS Institute, un think tank internazionale la cui missione è accelerare l’implementazione della tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS).
Nella sola Europa la capacità di stoccaggio è stimata a circa 300 miliardi di tonnellate di CO2, che è più delle 220 che devono essere catturate e immagazzinate a livello globale da qui al 2070, secondo l’International Energy Agency (IEA). Tuttavia, il potenziamento di questi sistemi e l’aumento degli stabilimenti a livello globale entro il 2050 richiederà un significativo dispiegamento di infrastrutture, capitale umano e sostegno finanziario. 
Quindi, cosa è necessario per accelerare l’implementazione del CCS e garantire che possa contribuire come richiesto al raggiungimento delle emissioni nette zero? Nel corso dei prossimi 10 anni le azioni politiche attuate, così come gli investimenti in infrastrutture e innovazione, determineranno se lo zero netto sarà possibile nelle nostre vite. Per raggiungere questo obiettivo, sarà cruciale un’azione di sostegno del governo. Tre sono le priorità di alto livello necessarie per accelerare il progresso della CCS nel prossimo decennio: 

  1. Creazione di condizioni finanziarie per gli investimenti tramite incentivi (ad es. sovvenzioni, crediti d’imposta, obbligazioni verdi) o attraverso l’attribuzione di  un valore alla riduzione delle emissioni (ad es. mandati, standard di emissioni, cap and trade). 
  2. Coordinazione e sottoscrizione di infrastrutture di trasporto e stoccaggio di CO2, soprattutto condutture di CO2, hub, cluster industriali e siti di stoccaggio. 
  3. Chiarire le principali questioni normative e politiche in sospeso, la risoluzione della responsabilità a lungo termine e il trasporto internazionale di CO2 per lo stoccaggio.

Fortunatamente, nell’ultimo anno l’Europa ha compiuto notevoli progressi nell’affrontare queste tre priorità politiche. Oltre all’aumento del prezzo del carbonio nel sistema di regolamentazione delle emissioni dell’UE, la Commissione europea ha lanciato a luglio il primo bando del Fondo per l’innovazione da 10 miliardi di euro, che da allora ha ricevuto 311 adesioni, di cui 14 da progetti CCS. Nei Paesi Bassi, il sistema di sovvenzioni SDE++ incentiverà l’ampliamento degli impianti CCS industriali pagando la differenza tra il costo di cattura, trasporto, stoccaggio e il prezzo del carbonio dell’UE, fissato attraverso lo Schema per lo scambio di quote di emissioni (ETS), per un periodo di 15 anni. Questi meccanismi di supporto sosterranno i flussi di entrate per i progetti CCS e contribuiranno a rendere coerente il business case per gli investimenti. 
Nel frattempo, il governo norvegese ha annunciato a settembre di essere pronto a finanziare quasi due terzi (16,8 miliardi di corone) del progetto Longship CCS. Appena avviato, Longship catturerà e immagazzinerà le emissioni prodotte dai termovalorizzatori e dai cementifici in Norvegia.
Poche settimane dopo l’annuncio della Norvegia, il progetto Porthos nel porto di Rotterdam ha ricevuto un finanziamento di 102 milioni di euro dal Connecting Europe Facility. Abilitati da un significativo sostegno e investimenti governativi, sia Longship sia Porthos vengono ampliati per fornire servizi chiave di infrastruttura di trasporto e stoccaggio per una serie di emettitori situati in tutta Europa. 
Dall’altra parte del canale, all’inizio di novembre, il governo britannico ha annunciato un piano di transizione che include la CCS come uno dei suoi pilastri chiave. L’annuncio includeva anche un finanziamento di 1 miliardo di sterline per l’infrastruttura CCS, con l’obiettivo di sviluppare quattro hub e cluster e di immagazzinare 10 milioni di tonnellate di CO2 all’anno entro il 2030, la prima ambizione quantitativa di stoccaggio di CO2 al mondo.

CCS in Italia

In Italia l’evoluzione del sistema CCS è più incentrata sulla ricerca e sviluppo, ed i principali attori sono Eni ed Enea.
Eni ha diversi progetti in corso, seguiti dal Centro Ricerche di San Donato Milanese e dal Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara. Per la cattura della CO2 sono in fase di sviluppo sistemi che utilizzano liquidi più efficienti di quelli convenzionali. Inoltre, Eni sta lavorando nel processo di conversione a metanolo per la riutilizzazione della CO2 assorbita.
Le modalità e i siti di stoccaggio geologico della CO2, invece, sono ancora in fase di studio e di monitoring. Altre linee di ricerca sono dedicate a metodi per utilizzare la CO2 nella produzione di polimeri (come policarbonati) e per fissarla chimicamente in residui dell’industria mineraria, ottenendo materiali per l’edilizia. Un progetto di più ampio respiro, inoltre, punta a catturare la CO2 direttamente a bordo dei veicoli.
Dal punto di vista operativo, Eni intende creare il più grande hub dedicato allo stoccaggio di anidride carbonica al mondo a Ravenna, impiegando intelligentemente giacimenti di petrolio ormai esauriti. Le operazioni inizieranno entro il 2025 e secondo le stime preliminari il sito servirà a stoccare fino a 300-500 milioni di tonnellate di CO2

Enea, al contrario,  punta sull’uso degli scarti dell’industria siderurgica e del cemento per lo stoccaggio della CO2 e, contemporaneamente, sulla produzione di materiali di qualità e a basso costo da impiegare in edilizia e nella cantieristica stradale. Si parla di un progetto a carattere CCUS che sarà testato nell’impianto pilota Zecomix presso il Centro Enea Casaccia (Roma). Enea fa sapere che, grazie a queste attività, Zecomix è stato inserito come infrastruttura di ricerca nel progetto europeo ‘Eccselerate’, finanziato dall’UE con circa 3,5 milioni di euro nell’ambito di Horizon2020. 
Queste iniziative fanno ben sperare in una crescita significativa degli impianti di cattura e stoccaggio della CO2 nei prossimi anni. Gli ostacoli da superare sono il costo elevato della tecnologia e l’elevato rischio finanziario legato ai progetti, per cui gli investitori impongono premi di rischio più elevati che aumentano il costo privato del capitale necessario. La mitigazione del rischio per gli investitori è fondamentale per incentivare gli investimenti e lo sviluppo di CCS. Per realizzare una distribuzione su vasta scala, sono necessari ulteriori ricerche e sviluppo per ottimizzare la progettazione e l’integrazione della tecnologia.

Fonti:

https://pubs.rsc.org/en/content/articlelanding/2018/ee/c7ee02342a#!divAbstract
https://www.infobuildenergia.it/ccs-cattura-sequestro-carbonio-ma-ne-serve-di-piu/
https://www.enea.it/it/seguici/pubblicazioni/pdf-eai/marzo-aprile-2012/9-primo-piano-cattura-carbonio.pdf
https://www.iea.org/reports/ccus-in-clean-energy-transitions