Pochi mesi fa, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (International Energy Agency – IEA) ha pubblicato il rapporto “Net Zero by 2050”, il quale definisce un piano d’azione per il settore energetico globale per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. Con l’Accordo di Parigi venne definito l’obiettivo globale del mantenimento delle temperature globali al di sotto di 2° e preferibilmente 1.5° oltre i livelli preindustriali. In questo contesto, l’imperativo scientifico della transizione verso un’economia a zero emissioni nette entro il 2050 è diventato un obiettivo politico a livello globale. Il raggiungimento di “zero emissioni nette” implica che le emissioni rilasciate nell’atmosfera vengono bilanciate da una quantità equivalente rimossa. La possibilità di perseguire tale risultato dipenderà soprattutto dalla capacità del settore energetico globale di trasformarsi radicalmente, rendendo sostenibili i propri processi.
Per il raggiungimento del net zero, il rapporto della IEA propone una concreta tabella di marcia, ritenuta la più realizzabile tecnicamente e socialmente accettabile. Le azioni necessarie riguardano tutti i settori e le tecnologie e implicano l’impegno di tutte le parti interessate – governi, imprese, investitori e cittadini [1].
In questo contesto, il settore oil & gas riveste un ruolo primario nella transizione verso un’economia a zero emissioni nette, che richiede una sostanziale contrazione della produzione e degli utilizzi di petrolio e di gas. La combustione di combustibili fossili rappresenta infatti la maggiore fonte di emissioni di anidride carbonica e le industrie del petrolio e del gas costituiscono i maggiori responsabili delle emissioni di metano[2]. Gli obiettivi dell’Accordo di Parigi richiedono dunque un cambiamento radicale nelle strategie delle compagnie che operano in questi ambiti. Stando al rapporto della IEA, le azioni necessarie includono la diminuzione delle emissioni di metano e l’eliminazione del cosiddetto flaring (combustione di gas naturale in eccesso estratto insieme al petrolio). Le aziende dovrebbero anche, dove possibile, elettrificare le proprie operazioni attraverso l’impiego di fonti rinnovabili. Ancor più, le compagnie possono trasformare i propri modelli di business rendendoli sostenibili, focalizzandosi su attività a basse emissioni, come la produzione e distribuzione di elettricità rinnovabile e la ricarica dei veicoli elettrici. Inoltre, molte tecnologie critiche per la riduzione delle emissioni, come la cattura, utilizzo e stoccaggio dell’anidride carbonica (Carbon Capture Utilization and Storage – CCUS), la bioenergia, l’idrogeno e l’eolico offshore, risultano particolarmente adatte alle capacità, competenze e risorse delle aziende oil & gas. Pertanto, tali aziende possono ricoprire un ruolo chiave nel processo di decarbonizzazione dell’economia, supportando lo sviluppo su larga scala di nuove tecnologie a basse emissioni. Questo processo richiederà infatti, specifiche capacità ingegneristiche e gestionali, proprie delle aziende oil & gas, che tramite un’inversione degli investimenti, dai combustibili fossili alle tecnologie e basse emissioni, potranno svolgere un ruolo indispensabile per assicurare il bilanciamento delle emissioni necessario per il perseguimento di un’economia a zero emissioni nette entro il 2050.
Investimento medio annuo in petrolio e gas e tecnologie a basse emissioni con sinergie per l’industria Oil & Gas nell’economia net-zero (Fonte: IEA, Net Zero by 2050 – A Roadmap for the Global Energy System)
Le complessità e i limiti dei target Net Zero
In risposta alla crescente pressione degli investitori, della comunità scientifica e dell’opinione pubblica, le aziende oil & gas stanno definendo ambiziosi obiettivi climatici, che nelle intenzioni da esse annunciate guideranno il loro processo di transizione energetica. All’interno del settore, i target net-zero non sono omogenei e spesso riguardano soltanto le emissioni del ciclo di vita derivanti dal processo di produzione, direttamente controllato dall’azienda. Tuttavia, l’85-90% delle emissioni totali prodotte dalle aziende oil & gas deriva dalle cosiddette emissioni indirette Scope 3, non direttamente controllate dalle aziende, tra cui le emissioni associate con l’uso finale del prodotto[3]. Un esempio può essere rappresentato dalle emissioni derivanti dall’utilizzo della benzina per il movimento dei veicoli. Dunque, un importante requisito per la credibilità e l’efficacia dei target net-zero del settore oil & gas, è dunque l’inclusione delle emissioni Scope 3.
Un’ulteriore limite rilevabile nei target net zero annunciati dalle compagnie oil & gas è rappresentato dal fatto che molte aziende del settore infatti hanno annunciato obiettivi climatici su una base di intensità media (tCO2/J), il che non garantisce una diminuzione delle emissioni in termini assoluti. Rispetto a tali obiettivi si possono registrare apparenti miglioramenti semplicemente producendo più energia a bassa emissione di carbonio, mentre la produzione di petrolio e gas, e quindi le emissioni assolute, potrebbero addirittura aumentare.
Da un punto di vista temporale, gli obiettivi net zero a lungo termine con target al 2050 paiono insufficienti per garantire nell’immediato azioni e cambiamenti concreti. É invece fondamentale che le aziende si impegnino attraverso la definizione di una precisa tempistica degli obiettivi intermedi. Questi dovrebbero definire gli impegni assunti dalle aziende per ridurre le emissioni nei prossimi 5-10 anni. Anche in questo caso, affinché gli obiettivi intermedi guidino il cambiamento desiderato, devono avere una base assoluta, piuttosto che fondarsi sulla mera riduzione dell’intensità delle emissioni. A livello manageriale, la definizione di obiettivi intermedi contrasterebbe la tendenza, tipica degli impegni con un orizzonte temporale troppo esteso, di continuare con il business as usual, lasciando la sfida ai successori. In tal senso, nel corso dell’ultimo anno, molte aziende hanno annunciato obiettivi di decarbonizzazione per il 2025 e il 2030, segnalando un positivo cambiamento di approccio e rendendo più credibili ed immediati i propri impegni.
Considerata la differenziazione e l’espansione geografica dei business di molte aziende del settore del petrolio e del gas, è necessario che i target riguardino la totalità delle attività. Inoltre è necessario che le strategie di riduzione delle emissioni non risultino eccessivamente basate sulla mitigazione delle emissioni tramite tecnologie non ancora dimostrate sulla scala richiesta, come le tecnologie CCUS e le tecnologie ad emissioni negative, o che richiedono aree di applicazione non ancora identificate. Al contrario, un ripensamento dei modelli di business, delle strategie e degli investimenti, si ritiene costituisca il più importante requisito per un reale progresso verso gli obiettivi annunciati.
Verso la definizione di uno standard comune
Lo studio “Absolute impact 2021” del think tank Carbon Tracker ha analizzato gli obiettivi annunciati dalle principali oil majors valutando il loro allineamento con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi in base alla soddisfazione di certi requisiti come l’inclusione delle emissioni derivanti dagli usi finali (Scope 3) e la definizione di target intermedi su base assoluta. Dallo studio emerge la disomogeneità e non comparabilità dei target, soprattutto a causa dell’assenza di standard industriali condivisi. L’eterogeneità degli obiettivi climatici annunciati e spesso l’incompatibilità degli stessi con gli investimenti e le scelte aziendali, hanno alimentato la confusione e le accuse di greenwashing. Nonostante si abbia piena consapevolezza dell’ imprescindibile contributo delle aziende oil & gas per la riduzione delle emissioni globali non vi è ancora uno standard condiviso che assicuri la qualità e la coerenza degli impegni. La definizione di standard e linee guida condivise è sempre più urgente in quanto oltre ad essere fondamentali attori nella transizione energetica, le compagnie del settore del petrolio e del gas sono molto esposte ai rischi di quest’ultima, nonché alle connesse opportunità. In virtù delle proprie risorse scientifiche, tecniche, economiche e finanziarie, il settore potrebbe avere un ruolo decisivo nel guidare un’azione climatica globale della portata necessaria.
La Science-Based Targets Initiative (SBTi) definisce e promuove buone pratiche nel settore privato, consentendo alle aziende di fissare obiettivi di riduzione delle emissioni basati sulla scienza del clima. Questi ultimi mostrano alle aziende quanto e quanto velocemente devono ridurre le loro emissioni per prevenire i peggiori impatti del cambiamento climatico, guidandole in un chiaro percorso verso la decarbonizzazione. Poiché ogni settore aziendale presenta le proprie peculiarità, la SBTi definisce delle linee guida specifiche per settore. Una nuova metodologia per le aziende oil & gas per la definizione di obiettivi basati sulla scienza del clima è in fase di definizione e dovrebbe essere rilasciata entro il 2021. [4] Inoltre, la SBTi sta attualmente lavorando per sviluppare il primo standard globale per i criteri net-zero. [5] Questo potrebbe rappresentare un contributo fondamentale per garantire trasparenza ed omogeneità al sistema, tramite adeguati strumenti per la definizione e il monitoraggio degli obiettivi climatici aziendali.
Fonti
[1] IEA, Net Zero by 2050 – A Roadmap for the Global Energy Sector
[2] Science Based Targets, Guidance for the oil and gas sector
[3] Carbon Tracker, Absolute Impact 2021 – Why oil and gas “net zero” ambitions are not enough
[4] Science Based Targets, Guidance for the oil and gas sector[5] Science Based Targets, What is good net-zero – and how is the SBTi helping to define it?