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70 anni di NATO

Oggi è il 70esimo anniversario della nascita dell’Organizzazione del Patto dell’Atlantico del Nord, organismo internazionale creato inizialmente per difendere le nazioni occidentali contro la minaccia rappresentata dall’ex Unione Sovietica. L’URSS ormai non c’è più, come mai la NATO ancora si?

La storia

Il 4 aprile 1949 dodici paesi tra americani e europei, tra cui l’Italia, firmarono a Washington il Trattato del Nord Atlantico, istitutivo della NATO: Alleanza di natura difensiva, da cui si è sviluppata l’omonima organizzazione che rappresenta un importante strumento di difesa collettiva e di cooperazione militare tra i suoi Stati Membri, nonché luogo di dialogo politico. La causa che portò alla sottoscrizione di questo patto fu il timore che l’Unione Sovietica, successivamente agli accordi presi durante la Conferenza di Jalta, non accontentandosi della divisione geografica post-bellica, diffondesse  l’ideologia comunista nel mondo occidentale. Durante la “Guerra Fredda” hanno aderito diversi paesi a questo patto: a metà degli anni ’80 i membri della NATO erano 16, numero destinato a crescere negli anni seguenti (fino ad arrivare agli attuali 29).

Tra la fine degli anni ‘60 e la fine degli anni ‘80 le relazioni tra “i due Blocchi”, in particolare tra USA e Unione Sovietica, conobbero finalmente una fase di distensione cui seguì un’attenuazione delle tensioni militari e l’avvio di rapporti bilaterali amichevoli. Con la caduta del muro di Berlino nel 1989, che simboleggiò la fine del socialismo reale e dell’URSS e quindi il venir meno della ragion d’essere della NATO, quest’ultima iniziò un radicale processo di trasformazione: divenne un’organizzazione volta sempre più verso una collaborazione militare tra Paesi aderenti piuttosto che verso l’Alleanza Difensiva, attraverso l’adozione dei Concetti Strategici (1991, 1999, 2010), documenti volti a fornire le linee guida politiche e operative dell’organizzazione, aggiornando e reinterpretando i principi ispiratori del Patto Atlantico.

Il 2001 fu un anno cruciale in quanto fu attivato per la prima volta da parte del Consiglio Atlantico l’articolo 5 del Trattato: questo prevede che in caso di attacco ad uno o più paesi membri, tutti i paesi dell’Alleanza debbano considerare tale attacco come un atto ostile e nell’eventualità rispondere, anche con le armi, per difendere la salvaguardia della sicurezza dell’Alleanza stessa.

Il fatto che l’articolo 5 sia stato applicato una sola volta è indicativo del processo trasformativo che ha intrapreso la NATO culminato con il Concetto Strategico 2010 che, oltre a richiamare la difesa dei valori di libertà, democrazia, diritti umani e stato di diritto, la Carta delle Nazioni Unite, identifica tre missioni fondamentali:

  • la difesa collettiva dei paesi membri;
  • la gestione delle crisi (prevenzione e stabilizzazione di stati che si trovino in una situazione di post-conflitto);
  • la sicurezza cooperativa (politiche di partenariato e cooperazione con organizzazioni internazionale e paesi in tutto il mondo; politiche di controllo degli armamenti, di non proliferazione e di disarmo).

Ma il documento non si limita a questo: analizza nuove minacce, non solo militari, come gli attacchi cibernetici e la sicurezza energetica. Insieme al Concetto Strategico è stata approvata anche la Dichiarazione di Lisbona che fornisce maggiori dettagli su come realizzare politiche e attività operative.

Le missioni

Nel 1991 la NATO ha dichiarato che anche i conflitti nella periferia dell’area euro-atlantica, e altre minacce (es. diffusione di armi di distruzioni di massa) riguardino direttamente la sicurezza dell’alleanza e dei suoi membri, tanto che, nell’estate del 1995, fu coinvolta nella Guerra di Bosnia per sostenere l’ONU nell’applicazione di sanzioni economiche, di un embargo sulle armi e una zona di interdizione al volo: ciò portò a frenare il conflitto e aprì la strada per l’Accordo di Dayton che determinò la fine della guerra, in cui fu previsto che la stessa NATO dispiegasse un ingente numero di forze militari (IFOR – “Forza di attuazione” composte dalle forze armate dei paesi membri) che aiutassero a mantenere la pace nell’area.

Nel 1999, l’organizzazione intervenne con l’operazione “Allied Force” in Kosovo per tentare di fermare la catastrofe umanitaria che era in corso: l’intervento prevedeva degli attacchi aerei, attuati solo dopo il fallimento di tutti i tentativi diplomatici per indurre Milosevic (presidente della ex Jugoslavia) a porre fine alle repressioni contro le popolazioni di etnia Albanese e rom; con l’accordo di Kumanovo, vi fu il ritiro delle truppe serbe e l’arrivo di più di 37mila militari della KFOR, la forza della NATO tutt’oggi presente in Kosovo (ora con 5mila uomini).

Nel 2001, a seguito degli attacchi terroristici subiti dagli USA l’11 settembre sul proprio territorio nazionale, iniziò la missione ISAF in Afghanistan per combattere i Talebani guidati da Osama Bin Laden e la rete terroristica presente sul territorio. Questo conflitto, ancora in corso, è uno dei più lunghi dei nostri tempi anche se tuttora non ha portato ad una vittoria, per quanto abbia contribuito ad indebolire i gruppi terroristici della regione.

L’intervento più recente dell’Alleanza è avvenuto a seguito della guerra civile scoppiata in Libia nel 2011 tra le forze fedeli al Colonnello Gheddafi e gli insorti: è stata avviata così l’operazione “Unified Protector”, che ha aiutato gli insorti portandoli alla cattura di Gheddafi. Questo è stato uno degli interventi con maggior successo, anche se a posteriori il giudizio sull’operazione si è modificato: infatti, si riconosce come sia mancata la gestione della fase post-bellica, che ha determinato il proseguire della guerra civile in Libia.

Attualmente la NATO porta avanti numerose operazioni in molti paesi dell’Europa, dell’Africa, dell’Arabia e dell’Asia Occidentale.

Per rispondere alla nostra domanda iniziale, possiamo affermare che la NATO ha modificato i suoi obiettivi iniziali, aggiornando costantemente i suoi scopi sulla base dell’evoluzione globale, non solo nell’ambito dei conflitti bellici, per porsi come strumento per l’attuazione e il controllo del rispetto della Carta dell’ONU, delle norme internazionali sul Diritto Umanitario e sul Diritto bellico, delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU relative alle situazioni di crisi di importanza globale, sempre nel nome della sicurezza, del benessere e della libertà.