
La Legge di bilancio è lo strumento previsto dall’articolo 81 della Costituzione italiana attraverso il quale lo Stato definisce gli obiettivi di entrata e di spesa per l’anno successivo. Ogni altra norma che intenda introdurre nuove spese deve indicarne la copertura finanziaria. Attualmente il disegno di legge di bilancio è in discussione in Parlamento e dovrà essere approvato da quest’ultimo entro il 31 dicembre 2019. Tutti gli occhi sono puntati sulla manovra, in particolare quelli dei comuni, che beneficiano ancora in larga parte dei finanziamenti dello stato.
In Italia, per lungo tempo, si è fatto ricorso ad un finanziamento degli enti locali basato per lo più sul principio della finanza derivata ovvero ad un finanziamento basato su trasferimenti del governo centrale: trasferimenti di cofinanziamento, grazie ai quali il governo centrale finanzia una quota dei livelli di spesa e trasferimenti in somma fissa, con o senza vincolo di destinazione, attraverso i quali il governo centrale eroga un dato ammontare di denaro ai governi locali. Ad oggi, l’art. 119 della Costituzione italiana prevede invece che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”. Di fatto, la riforma del Titolo V della Costituzione – realizzata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 – ha esteso non soltanto l’autonomia legislativa ed amministrativa degli enti locali ma anche quella economica poiché, essendo gli enti più vicini ai cittadini, essi si adattano meglio ai loro bisogni e alle loro preferenze. Tuttavia, l’art. 119 della Costituzione è rimasto sostanzialmente inattuato a causa dei rigori finanziari imposti dalla crisi economica scoppiata nel 2007. Lo stato continua a disporre di ampi poteri in materia finanziaria ed è per questo che la legge di bilancio rappresenta un appuntamento di fondamentale importanza per gli enti locali ed in particolare per i comuni.
La manovra 2020, nella sua generale articolazione – il decreto fiscale e la legge di bilancio – contiene una serie di importanti novità. Si tratta di richieste avanzate da tempo dai Comuni su temi decisivi, con l’obiettivo di garantire una maggiore stabilità al quadro della finanza comunale. In virtù di una normativa frammentata e spesso contraddittoria, si è avvertita anzitutto la necessità di porre in essere interventi di riordino della fiscalità locale. In tale direzione si è mossa l’ipotesi – contenuta nell’art. 95 del disegno di legge di bilancio – di unificazione dell’IMU (l’Imposta municipale unica) e della Tasi (la Tassa sui servizi indivisibili), due tributi che insieme alla TARI (l’imposta sui rifiuti) compongono l’Imposta unica comunale, introdotta nel 2014 con la legge di stabilità. Tale misura ha come obiettivo quello di assicurare un vantaggio significativo sia ai contribuenti che agli uffici comunali, mantenendo invariato il gettito complessivo e riducendo le possibilità di evasione fiscale grazie ad una significativa opera di semplificazione e razionalizzazione nella gestione delle procedure di prelievo. Inoltre, poiché la crisi economico finanziaria ha duramente colpito il ciclo degli investimenti, determinando un razionamento dei trasferimenti pubblici ai Comuni, significativi sono i contributi previsti dal disegno di legge di bilancio 2020, i quali si pongono in linea di continuità con quelli forniti tra il 2018 e il 2019. Il disegno di legge di bilancio infatti intende promuovere progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché interventi di messa in sicurezza di territori a rischio idrogeologico, di strade, di scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale. Pur apprezzando l’inserimento nel disegno di legge di Bilancio 2020 di importanti disposizioni normative che affrontano nodi strutturali che interessano il sistema degli enti locali, i comuni non hanno ancora ottenuto il rifinanziamento del taglio di 564 milioni di euro introdotto, nell’ambito di un intervento di spending review, con il decreto-legge n.66/2014 e scaduto un anno fa. D’altro canto, nel 2019 Province e Città metropolitane hanno beneficiato di tale rifinanziamento senza l’intervento di alcuna ulteriore norma, a conferma dell’automatismo del venir meno del taglio. Alla luce di ciò, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani ha deciso di avviare un ricorso davanti al giudice amministrativo per ridare ai comuni risorse che spettano loro di diritto. Eppure, nel periodo 2011-2018 i Comuni hanno assicurato un contributo sproporzionato al risanamento della finanza pubblica. Un contributo di ben 12,5 miliardi di euro pur pesando solo il 7,4% sulla spesa dello Stato e l’1,6% sul debito della PA (http://www.anci.it/wp-content/uploads/Documento-Anci-audizione-congiunte-Bilancio-legge-di-bilancio-2020.pdf).
Dal vertice a Palazzo Chigi svoltosi il 27 novembre tuttavia sembra aprirsi un barlume di speranza per i comuni in quanto si è parlato della possibilità di fornire già da quest’anno 100 dei 564 milioni che spettano loro. Che questa nuova legge di bilancio rappresenti un cambio di rotta? Staremo a vedere.