Economia

Cosa sono le skills: quando il soft può diventare più importante dell’hard

Avrete sentito parlare di skills spesso associate alle capacità di un calciatore acquistato da una nuova squadra: solitamente su internet vengono pubblicati migliaia di video per fare conoscere ai tifosi le abilità del nuovo acquisto. Si può dedurre, quindi, da quel che abbiamo appena detto, che le skills non siano altro che le capacità, le abilità, le competenze individuali.
Facendo un parallelismo nel mondo del lavoro, è fondamentale far emergere attraverso il curriculum vitae (CV) i propri punti di forza. Ma come? E quali?

Innanzitutto bisogna distinguere tra hard skills e soft skills: le prime sono le competenze specifiche, tecniche, acquisite in seguito alla formazione, professionale, universitaria, ecc.; sono capacità che possono essere apprese attraverso lo studio o le esperienze sul campo, e sono facilmente quantificabili. Solitamente sono la conoscenza di una o più lingue, l’abilità nell’uso di programmi e pacchetti informatici, attestati rilasciati al termine di corsi di formazione, capacità di utilizzo di macchinari specifici. Risultano quindi quasi “semplici” da individuare, e anche da implementare, anche se spesso vuol dire fare dei grossi investimenti, che, se fatti bene, daranno i propri frutti.

Per quel che riguarda le soft skills il discorso è più complesso: sono competenze che si riferiscono alla sfera interpersonale e alla comunicazione; sono abilità trasversali, che non sono direttamente trasmissibili nei classici  corsi di formazione (a parte una basica conoscenza teorica) o a scuola/università, ma dipendono dalla cultura, dalla personalità, dalle esperienze extracurriculari; riguardano il modo in cui un individuo comunica, interagisce, si relaziona con le persone che gli sono  intorno. Sono quindi le capacità di adattamento e flessibilità, di problem solving, di motivazione e orientamento al risultato, di resistenza allo stress e di gestione del tempo, di leadership e lavoro di squadra, di creatività e iniziativa, e (last but not least) di attenzione ai dettagli. È facile quindi intuire quanto sia più complicato valutare le soft skills di un individuo, perché spesso non emergono dalle esperienze lavorative riportate sul curriculum.

Quasi il 60% dei leader internazionali ha dichiarato che le soft skills sono ben più importanti delle hard.

Alcune ricerche hanno individuato le soft skills più richieste dalle imprese. Da queste analisi è emerso che il 43,2% delle aziende considera (ancora) la conoscenza della lingua inglese come la soft skill più apprezzata, a cui può essere legato un incremento dello stipendio pari a +15%. Segue l’orientamento alla qualità, apprezzata dal 41% delle imprese e che può portare a un aumento della retribuzione del +8%. Al terzo posto si posiziona la capacità di lavorare in gruppo, richiesta dal 36% dei datori di lavoro e che può incidere sullo stipendio con un +13,8%, seguita dalla capacità di problem solving, apprezzata dal 32,1% delle aziende. Viene visto in buona luce anche l’autocontrollo, richiesto dal 18,9% dei datori di lavoro, seguito dall’orientamento al cliente, che in ambiti come quello della logistica e dell’industria, può portare a un aumento dello stipendio del +42,6% (ricerca realizzata dal “Centro Milano Ricerche” per conto di Adecco).

È fondamentale quindi riuscire a mostrare tutte le nostre capacità anche laddove non siano messe in risalto dalla formazione e dalle esperienze lavorative precedenti.

Ma come possiamo enfatizzare le competenze chiave?

Bisogna sfruttare al meglio l’enorme funzionalità del colloquio, un confronto diretto e tendenzialmente spontaneo: è in questo contesto che il recruiter (colui che si occupa della selezione), attraverso la sua esperienza ed i suoi studi ha la possibilità di “collegare i punti” definiti sul CV e completare una profilazione Hard con una profilazione Soft, avendo così la possibilità di un quadro più completo del candidato e della possibile futura risorsa.

Inoltre, essendo il nostro ormai un mondo digitale, in cui i social sono tra gli strumenti più utilizzati per condividere esperienze, opinioni e informazioni, diventa importante curarne i contenuti perché è anche attraverso questi che si possono valutare i comportamenti e le attitudini di una persona.

Linkedin, piattaforma online dove sviluppare contatti professionali e diffondere contenuti specifici relativi al mercato del lavoro, è diventato negli ultimi anni -il lancio è avvenuto nel 2003- un punto di riferimento per aziende, recruiter e lavoratori, registrando nel 2017 più di 530 milioni di utenti.

Spesso è tramite questo social che gli addetti alle risorse umane cominciano la loro ricerca di un candidato ideale per una posizione aperta in un’azienda, valutandone il profilo social e dando a volte più importanza all’attività online (anche su Facebook e Instagram) rispetto al semplice CV.

Secondo uno studio StepStone, i datori di lavoro che consultano i profili dei candidati sui social network ottengono risultati molto variabili: le informazioni ricavate dai social network hanno influenzato positivamente la decisione di assunzione in quasi la metà dei casi ma hanno portato alla bocciatura del candidato in un quarto dei casi.

Comunque non va sottovalutata la cura del CV, che risulta sempre essere il nostro biglietto da visita, più della lettera di presentazione (che rimane sempre molto importante): presentare un curriculum breve, che contenga tutte le informazioni fondamentali e i nostri punti di forza, e che si distingua anche graficamente rispetto ai classici CV in formato europeo, fa acquisire subito punti agli occhi dei recruiter.